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Direttore editoriale: Giovanna Russo
Anno V, n. 52, dicembre 2011
Edoardo II: figura
della storia inglese
dall’interpretazione
assai controversa
di Antonietta Zaccaro
Per Ferrari un’analisi psicologica
di un monarca che, prima di tutto,
volle essere un uomo e non un re
La storia e le vicissitudini che muovono le fila della monarchia inglese hanno da sempre affascinato il panorama culturale di tutti i tempi, si pensi solo a quanto sia presente nella storia del cinema la figura di Enrico VIII, che con il divorzio da Caterina d’Aragona, una delle sue sei mogli, diede vita alla Chiesa anglicana, oppure ai milioni di telespettatori che sono rimasti incollati ai teleschermi per poter assistere al coronarsi della favola tra un principe e la sua principessa, prima nel 1981, con Carlo e Diana, poi con William e Kate. La monarchia, ma più in generale, le storie di re e regine, il racconto degli intrighi di palazzo, alle volte sfociati nel sangue, hanno riscosso grande successo in campo letterario, teatrale e cinematografico fin dal Rinascimento, come dimostra l’Edoardo II di Marlowe, tragedia che rappresenta il cavallo di battaglia dell’illustre drammaturgo. Il dramma fu scritto per celebrare la vita del tormentato monarca che trovò la forza di ribellarsi ai vincoli di corte e al peso del trono. Sulla stessa scia si colloca il libro Edoardo II. Lo spirito e la forza (Ferrari editore, pp. 136, € 15.00) del giovane scrittore romano Andrea Foschini, che, ispirandosi al drammaturgo inglese, si propone di rielaborare la tragedia cinquecentesca e di liberarla dalla polvere del passato per renderla attuale, proprio come la figura del sovrano.
La figura di un re
Come nell’opera di Marlowe, anche il nostro autore ripercorre i 23 anni di regno di Edoardo II e traccia il profilo psicologico del sovrano, con uno stile che oscilla tra il passionale e il visionario. Edoardo II non accetta il suo status sociale e tutto ciò che comporta il fatto di essere un re, così «urla contro il ruolo che a malincuore interpreta e la sua violenta sonorità ne fa un poeta contro il mondo». Egli sale al trono nel 1307 e il suo primo atto è quello di richiamare dall’esilio l’amato Gaveston, uomo di non nobili natali, entrato nelle sue grazie per un amore violento e passionale che li unisce e che si colloca al di là di ogni convenzione sociale e culturale dell’Inghilterra del tempo. Il ritorno a Londra dell’amante del re fa infuriare la moglie di quest’ultimo, Isabella di Francia, donna cinica e senza scrupoli, che intrattiene una relazione adulterina con Mortimer, avversario del marito in campo politico. La situazione si complica quando la regina caccia l’amante del marito dalla corte e la sua azione ha come unica conseguenza la sua stessa “cacciata”: Edoardo la ripudia permettendo così a Gaveston di rientrare. Dopo varie peripezie, le infinite preghiere di Isabella e l’intercessione di Mortimer, la donna fa ritorno a Londra. Sembra che la pace sia ristabilita, ma nuove nubi minacciose incombono sulla corte inglese: il guascone non perdona il trattamento riservatogli dai nobili e, con astuzia, li mette l’uno contro l’altro. In primo luogo semina odio tra i due fratelli, Edoardo e Edmondo. Isabella fugge in Francia e trova riparo presso suo fratello, mentre a Londra Gaveston viene catturato, ma non giustiziato. Nel disperato tentativo di salvare la vita al suo amante, il re sconfigge i suoi avversari e restituisce la libertà al guascone, esiliando il fratello.
Di nuovo la pace sembra ristabilita, ma ecco comparire di nuovo sulla scena Mortimer, Isabella, Edmondo e i nobili spodestati che, grazie ad un inganno, riescono a catturare Edoardo, nell’abbazia dove si era rifugiato e a consegnare il regno al suo antagonista, ormai amante dichiarato della regina. È la stessa Isabella a decretare la condanna a morte del marito, costretto, prima dell’esecuzione, ad abdicare in favore del figlio Edoardo III. Edoardo II viene impalato con un ferro rovente. Il nuovo sovrano cerca di rendere giustizia alla memoria del padre, condannando a morte Mortimer e riservando alla madre il carcere in attesa della sentenza di morte.
L’amore di un re
Edoardo II è da sempre una figura molto problematica della storia inglese per le sue scelte di vita controverse che si pongono contro ogni tipo di convezione sociale e religiosa. Dalla storia viene ritratto come una persona debole, incapace di prendere decisioni, un uomo di scarso spessore culturale e politico, specie se confrontato con il suo predecessore e padre, Edoardo I Gamba Lunga, presenza minacciosa in tutto il dramma. Un uomo che amava le rappresentazioni teatrali, lo sfarzo e il gioco d’azzardo, che trascurava sua moglie e i suoi doveri di sovrano: «tra l’amore violento per il guascone Gaveston, i giochi continui, le orge e le gare, Edoardo incarna il mito trasformando l’universo in un colossale spettacolo».
Ma certo la parte più discussa della sua vita è la sua presunta omosessualità, rappresentata dalla relazione con il guascone Gaveston; la sua stessa condanna a morte sembra volesse essere una punizione simbolica per aver sovvertito le leggi della natura. In questo contesto si inserisce la figura dell’Arcivescovo di Canterbury, il quale incarna il potere sottile e feroce che muove le fila nascoste delle diverse e numerose congiure, fino allo scoppio della guerra civile.
La figura del re si incastra perfettamente nel contesto storico in cui visse: il suo regno era agitato da cospirazioni nobiliari e rivolte contadine, egli non riusciva, per carattere, a contrastare i suoi oppositori e concedeva troppo potere ai suoi consiglieri, i quali, avidi e corrotti, finirono inevitabilmente per tradirlo. Questa situazione politica, unita alla poca risolutezza e alle ambiguità del re, trascinò l’Inghilterra nel baratro della guerra civile.
Analizzando la figura di Edoardo attraverso il libro di Foschini, emerge un sovrano stanco, più interessato alle gare e ai tornei che alla situazione politica del suo regno, ma in armonia con la natura. Un re che non vuole essere sovrano, ma solo un uomo; che desidera poter vivere da uomo, amare un uomo e dare un colpo di spugna alle convenzioni sociali.
Antonietta Zaccaro
(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 52, dicembre 2011)
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