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Anno V, n. 52, dicembre 2011
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Biografie (a cura di Fulvia Scopelliti) . Anno V, n. 52, dicembre 2011

Zoom immagine La famiglia Ruffo:
ascesa e declino
attraverso i secoli

di Agata Garofalo
Un saggio Equilibri sulla lunga storia
e le attività della casata di Bagnara


Uno dei più importanti casati calabresi tra Medioevo ed Età moderna è stato quello della famiglia Ruffo. La loro storia ha caratterizzato in maniera incisiva quella della nostra terra e si è intrecciata con gli interessi del Regno di Napoli e non solo, in un quadro politico, sociale ed economico alquanto complesso.

A loro è dedicato l’ultimo libro del giovane storico calabrese, Domenico Gioffrè, La Gran Casa dei Ruffo di Bagnara (Equilibri, € 18,00, pp. 248). Di seguito si analizzano le spinte motivazionali, gli scopi e le caratteristiche strutturali dell’opera, nonché il suo contenuto, ripercorrendo in breve la storia dei Ruffo e i segreti del loro potere incontrastato.

 

Motivazioni e scopi di una ricerca storica localizzata

La curiosità di scavare nel passato più remoto di questo nobile casato nasce dalla necessità di comprensione e definizione della nostra identità regionale. Da ciò scaturisce la ricerca sottesa alla tesi di laurea su cui è basato il volume. Una ricerca volta a favorire una maggiore divulgazione, soprattutto tra le nuove generazioni, delle vicende e dei personaggi più importanti del glorioso passato di questa terra.

Nella presentazione dell’opera si evidenzia inoltre, tra gli scopi della stessa, la volontà dell’autore di dimostrare i fitti rapporti economici, prima conflittuali poi collaborativi, dei duchi di Bagnara con il patriziato locale, e del piccolo centro con le comunità adiacenti, sottolineando l’azione aggregatrice che i Ruffo svolsero tra le comunità del territorio.

Ad un livello più esteso di studio, nel testo si analizzano le relazioni dei Ruffo con le vette più alte delle gerarchie sia laiche che ecclesiastiche, e si entra nel merito della società feudale, esaminando i meccanismi di cambiamento e di sviluppo socioeconomico che hanno caratterizzato un’epoca.

 

Caratteristiche dell’opera: struttura e strumenti narrativi

Veicolate con linguaggio leggero e spedito, semplice e diretto, famose vicende storiche si intrecciano a piccoli dettagli di vita quotidiana. L’interesse si focalizza su alcuni personaggi quali il principe della Scaletta Antonio Ruffo, il priore Fabrizio, l’arcivescovo Tommaso ed i cardinali Tommaso, Antonio Maria e Fabrizio Ruffo.

Grazie alle fitte note che supportano, passo per passo, l’evoluzione dei fatti, si crea una struttura quasi interattiva, fatta di possibilità parallele alla storia principale. Oltre a fornire un’esauriente bibliografia alternativa di riferimento, le note approfondiscono la storia di ogni personaggio ed evento cui si fa cenno nel testo. È così che scopriamo, ad esempio, la vita e le avventure del pirata Barbarossa e dell’ammiraglio Horatio Nelson.

La narrazione è infine arricchita da un vasto apparato bibliografico, comprendente la trascrizione di documenti privati e giuridici, una genealogia completa del casato fin dal 1400, l’indice dei quadri appartenenti alla galleria di famiglia ed un’affascinante appendice iconografica.

 

Segreti e strategie per un potere secolare

Quello dei Ruffo è un casato assai peculiare anche per la sua longevità, dovuta alla capacità di adattarsi ai tempi e condurre una politica differenziata in base alle convenienze, favorendo ora i monarchi ora gli ecclesiastici, ora i nobili ora il popolo, a seconda delle circostanze.

Diversi storici hanno approfondito la ricerca sui Ruffo, studiando la loro capacità di consolidamento ed espansione feudale, le loro iniziative economiche (come il commercio della seta nel Seicento) e la loro lungimirante politica matrimoniale.

Tutte scelte grazie alle quali riuscirono a sopravvivere alle alterne vicende politiche, sociali ed economiche del Regno di Napoli, tra cui la crisi finanziaria seicentesca.

A differenza di tante nobili famiglie meridionali che emigrarono nella capitale per inseguire carriere politiche ed ecclesiastiche, i Ruffo hanno sempre preferito dedicarsi alla gestione diretta dei propri feudi e traffici commerciali, cosa che permise loro di affrontare meglio i momenti di crisi economica.

 

La storia dei Ruffo dall’ascesa al declino

Di quest’antica famiglia patrizia si hanno notizie certe in Calabria a iniziare dall’XI secolo. Tra gli esponenti a questo ramo si annoverano, ad esempio, marescialli del Regno di Napoli, conti di Catanzaro e stretti collaboratori sia degli Angiò che degli Aragonesi. Da questo primo ceppo derivano, dal 1330 in poi, tutti gli altri, tra i quali i Ruffo di Montalto, di Scilla, di Sinopoli e di Bagnara.

Questi ultimi furono promotori dell’espansione mercantile oltre lo Stretto, fin dalla prima Età moderna, e tra loro ricordiamo celebri militari, prelati, diplomatici insigni, duchi e principi. Discendente da quelli di Sinopoli, il ramo dei Ruffo di Bagnara si insedia nel piccolo centro tirrenico e poi si estende anche nella città di Messina. La loro storia è narrata nel dettaglio, con riferimento ad episodi particolari, ad esempio i momenti di tensione all’interno del casato e con la popolazione locale, oltre al ruolo che svolsero in eventi importanti come la guerra del Vespro e la battaglia di Lepanto.

Un cenno a parte merita la galleria d’arte messinese della famiglia, in particolare di Antonio Ruffo. Collezionista di opere d’arte e mecenate delle maestranze e degli artisti, trasformò la sontuosa dimora fatta costruire agli inizi del ’600 da sua madre, originaria della città siciliana, in una galleria con più di 350 opere di fama internazionale, luogo d’incontro degli intellettuali e uomini di cultura del tempo. Già dalla fine del XVII secolo il patrimonio artistico cominciò a disperdersi fino a non restarne nulla ai giorni nostri.

La Gran Casa dei Ruffo di Bagnara si conclude con il contradditorio ritratto del cardinale Fabrizio Ruffo, nativo di San Lucido e protagonista, nel 1799, della sanguinaria e vittoriosa impresa dell’esercito sanfedista, che restaurò il dominio borbonico scacciando dal regno i giacobini repubblicani.

Lo sviluppo impetuoso del casato subisce già nel corso del Settecento una fase d’arresto, in concomitanza con la crisi della feudalità. Il patrimonio di famiglia subì forti restrizioni e del loro potere, forte ed incontrastato per secoli, restano oggi solo vaga memoria e gli echi lontani di una fama ormai impolverata.

 

Agata Garofalo

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 52, dicembre 2011)

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