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Anno II, n° 5 - Gennaio 2008
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Home Page (a cura di Tiziana Selvaggi) . Anno II, n° 5 - Gennaio 2008

Zoom immagine Il “Massimario”: ricorsi e decisioni
dell’Ordine nazionale dei giornalisti

di Daniela Graziotti
In una pubblicazione del Centro di documentazione giornalistica i temi
inerenti al mondo dell’informazione attraverso tanti casi paradigmatici


Spesso si parla dell’Ordine dei giornalisti senza conoscerne l’attività. Spesso è facile leggere critiche su di esso (addirittura ci sono proposte di abolizione) e si potrà continuare a criticare ovviamente, ma a ragion veduta, dopo aver letto un testo di informazione e divulgazione qual è il Massimario 2006 dell’ordine stesso (Centro di documentazione giornalistica, pp. 192, € 30,00). Ne è curatore Saro Ocera, che di quello è consigliere nazionale. Allegato alla pubblicazione un Cd Rom con i dati che, presenti in quantità notevole, il libro non poteva ovviamente contenere.

Il Massimario ha a oggetto le decisioni del 2006 che fanno capo al Consiglio nazionale dell’ordine. Va detto che si tratta del secondo volume della serie: alle pronunce emesse nel 2005 era dedicato infatti il primo. Ocera nella breve Introduzione evidenzia le novità proprio rispetto a quel primo numero, tra le quali, ovviamente il testo della legge n. 281 del 2006 sulle intercettazioni telefoniche. Il Cd Rom allegato al Massimario ripropone comunque anche i contenuti del numero dell’anno precedente, nonché ben 173 decisioni maturate in un arco di tempo che va dal 1996 al 2004. Una particolarità: in molte di queste troviamo citato lo stesso Ocera in qualità di relatore; ciò si spiega con il fatto che lo stesso Ocera è stato, ed è, un autorevole membro della "Commissione ricorsi" del medesimo Odg nazionale.

Opportuno riportare la presentazione generale dell’opera utilizzando le parole del curatore: il testo «vuole essere, per quanti si occupano a vario titolo di informazione giornalistica, un supporto, certamente non esaustivo, che comunque faciliti l’esame di problematiche relative all’esercizio della professione nonché la conoscenza di parti essenziali dell’attività del massimo organo di autotutela della categoria, ovvero il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Nel contempo, scopo della iniziativa è anche quello voluto dalla […] disposizione di legge in base alla quale il Consiglio nazionale cura il Massimario “per contribuire alla concordanza degli interessi giurisprudenziali e per la migliore tutela della categoria”».

Un’opera rivolta non solo agli addetti ai lavori

Il testo è diviso in capitoli tematici. Si va dalle decisioni attinenti alla deontologia alle massime relative alla tenuta dell’albo (veniamo a sapere ad esempio che nel 2006 non è stato trattato alcun ricorso riferibile all’elenco dei giornalisti professionisti); sono anche affrontati problemi più tecnici, inerenti ai vizi procedurali e ai ricorsi elettorali interni all’ordine. Un’intera sezione, infine, riporta per esteso alcune decisioni di casi ritenuti emblematici dal curatore.

Non c’è che dire: l’opera è una ricca fonte di informazioni, non solo per addetti ai lavori ma anche per chi addetto ai lavori voglia diventare, ossia per gli aspiranti giornalisti. Agli stessi potrebbe interessare, ad esempio, che per l’iscrizione all’ordine dei pubblicisti – come si legge – è considerata elemento necessario la retribuzione, così come lo è un’adeguata (ossia non occasionale) produzione di “pezzi” nel corso di un biennio: «Se i pezzi presentati non sono di natura giornalistica e per di più la loro quantità non può essere posta a fondamento della non occasionalità del lavoro svolto, l’istanza d’iscrizione all’albo non può essere accolta». A questo proposito si può leggere il testo integrale con cui il Consiglio ha deciso di respingere il ricorso di un «funzionario esperto comunicatore» di un’amministrazione regionale la cui attività di giornalista è stata ritenuta, appunto, per lo più occasionale.

Il rischio di ledere i diritti della persona

Delicati i temi affrontati nella sezione relativa alla deontologia nel campo dell’informazione. Se importante è il valore delle regole che disciplinano le relazioni tra colleghi, non può tuttavia non far sorridere (o sorprendere) la lettura di alcuni insulti, scambiati tra gli stessi, attinenti ad una delle tante cause elencate. Tra tali insulti «velina di Liscia la notizia», «ufficio stampa e disinformazione», «Minculpop di Palazzo Vecchio»; non mancano poi attacchi velenosi quale questo, lanciato contro alcuni colleghi evidentemente non molto stimati: «ex giornalisti che hanno contribuito alla chiusura dei giornali nei quali lavoravano».

Può anche accadere che un direttore si rivolga ai colleghi della redazione in modo piuttosto offensivo; è il caso di Emilio Fede che si fa scappare un «vergognatevi» contro il corpo redazionale, «lamentando il fatto che [la redazione stessa] non aveva sentito il dovere di esprimere, né privatamente né pubblicamente, un ringraziamento “a chi, approvando la legge Gasparri, ha salvato il nostro posto di lavoro”». L’Ordine, in simili circostanze, prova a fare un po’… d’ordine.

Ma accanto a episodi che rasentano il folklore, sono evidenziate anche vicende in cui il giornalismo rischia di ledere pesantemente i diritti della persona. A proposito, ad esempio, della sventura occorsa a un giovane trovato morto nel bagno di casa, viene affermato che non si devono «riportare particolari brutali e raccapriccianti». Nel caso, invece, di una coppia di fidanzati assaliti da un gruppo di teppisti e derubati (la ragazza, poi, violentata), il ricorso del giornalista che aveva raccontato il fatto viene accolto ravvisando che nel servizio giornalistico la questione era stata trattata in modo tale da evitare di fornire dati che potessero rendere possibile l’identificazione delle due vittime.

La terza sezione del testo è quella più tecnica. Vengono in essa evidenziati vari casi: l’impossibilità di esaminare un’istanza di sospensiva cautelare, l’improcedibilità di un ricorso per mancata regolarizzazione o l’improponibilità di un ricorso. Una sezione che, effettivamente, si rivolge maggiormente a addetti ai lavori. Tuttavia il libro, nel suo complesso, risulta piuttosto chiaro: uno strumento utile, se non altro, per comprendere quanto sia strutturalmente precaria, nella ricerca della verità, la funzione del giornalista e quanto sia oltremodo complicato elaborare una definizione adeguata della funzione stessa.

Bonaventura Scalercio

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 5, gennaio 2008)

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