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Letteratura contemporanea (a cura di Francesco Mattia Arcuri) . Anno V, n. 47, luglio 2011

Zoom immagine Lettere antiche
d’amori servati
nella memoria

di Angela Galloro
Edito da Città del sole
un racconto di emozioni
romantiche e senza tempo


Se c’è chi pensa che le tradizionali lettere spedite tramite posta, comprese quelle d'amore, non vadano più “di moda” si ricrederebbe leggendo il romanzo di Marcello Loprencipe e Annalisa Polucci. Qui, come leggiamo nel risvolto di copertina, le lettere d’amore «sono le vere protagoniste del racconto», prendono vita, camminano e trasportano i personaggi da un luogo all’altro, proprio come vento.

E infatti il nostro racconto, scritto a quattro mani e volto a intrecciare una serie di storie, alcune approfondite, sfiorate altre, ma che riconducono tutte a una sola – la storia d’amore tra Angelina e Olmo – si intitola Si era alzato il vento (Città del sole edizioni, pp. 112, € 12,00). A ben vedere, non sappiamo chi sia il personaggio principale della narrazione. Questo può essere Marco, un archeologo curioso e attento che casualmente si ritrova ad indagare su altre vite, oppure proprio le storie di queste vite che cercano l’animo di chi vuole trovarle e rispolverarle, come si fa con gli oggetti in cantina; o proprio i due innamorati; o ancora Tina Maiani, che regge le fila di questo amore non suo; o Maria, la fioraia che per prima vede nascere quel misterioso fuoco che i più fortunati si impegnano a capire, almeno una volta nella vita.

 

Fiori che non appassiscono

I fiori fanno da corollario alla storia, dall’inizio alla fine. Olmo, infatti, compra ogni giorno dell’anno un mazzo di fresie al negozio di Maria e Angelina, rischiando di spiazzare quest’ultima, innamorata inconsapevole, che non capisce, ma sorride al gentile ragazzo che le chiede i fiori. Almeno fino a quando non viene a sapere che quei fiori sono per lei, lo sono sempre stati, seppur mai consegnati. I due vivono il loro amore nel dopoguerra, negli anni in cui essere circondati da quel profumo di fiori era un privilegio, nonché una sicurezza economica. Quello di Olmo e Angelina è un amore semplice, vissuto in un’epoca storica in cui non sembrava esserci spazio per i sentimenti, ma proprio per questo, incredibilmente autentico e semplice come quei fiori di campo a proposito dei quali «sembrava che Angelina non ne rammentasse il profumo e avesse bisogno di odorarli continuamente per ricordare. O forse, era quel tempo seguente alla guerra che aveva cancellato ogni tipo di odore, lasciando nell’aria soltanto polvere di sogni infranti, di vite interrotte».

E l’esistenza di Angelina è proprio una di queste vite interrotte. Troppo presto. Ma nonostante tutto piena e viva, perché ha conosciuto un amore in grado di rassicurare anche sull’orlo della fine. Le lettere che Olmo e Angelina si scambiano provengono dall’abile penna dell’anziana Tina Maiani, presso la quale Angelina lavora. Di lei conosciamo poco come, del resto, degli altri personaggi. La loro fisicità passa in secondo piano rispetto alle emozioni che provano. Abbiamo solo dettagli di sensazioni sfuocate nel tempo, come l’odore antico delle lettere che Tina scrive per l’amore di Angelina e che lei, analfabeta, le commissiona.

 

Synthonia

La simbiosi fra le due è magica. L’anziana mette su carta quello che la giovane prova, cogliendolo solo dallo sguardo, o dall’atmosfera d’amore di cui si riempie la sua casa quando Angelina vi entra, o dal profumo dei fiori. È come se Angelina facesse ringiovanire, con quel suo sentimento, un’intera vita, ormai polverosa, che non ha mai provato l’ebbrezza di un sentimento così forte. «Era nata vecchia la signorina Tina Maiani e, forse per questo, possedeva quella fragilità e quel bisogno che hanno gli anziani, così come i bambini, di sentirsi sempre protetti. Una bambina già vecchia o una vecchia bambina, comunque una nobile anima indifesa». Così ci viene descritta questa donna, tanto che sembra di vederla, impegnata con gli inchiostri che collezionava, ad “innaffiare” da dietro le quinte quell’entusiasmo giovanile che non avrebbe vissuto mai.

E allo stesso modo Marco riporta in vita le storie di tutti i personaggi, ricucendone con pazienza i pezzi, cercandoli con fiducia, convinto che certe storie abbiano la necessità di ricomporsi dopo tanti anni e di uscire allo scoperto perché qualcun altro possa servirsene. Nel capitolo intitolato Synthonia, infatti, la ricerca di Marco incontra quella di una giovane donna che lo aiuta a trovare tracce della signorina Maiani che, guarda caso, era stata inquilina del suo stesso appartamento. «Marco non le aveva chiesto di partecipare alla ricerca, eppure Anna in cuor suo ne aveva sentito forte il richiamo».

 

Coincidenze eteree

Gli incroci di queste vite hanno il sapore di coincidenze volute dal destino per arrivare a capo di una ricostruzione che Marco individuerà nel paese di Olmo, dove il giovane aveva vissuto dopo la morte di Angelina in uno stato di totale solitudine. E nella stessa solitudine era morto, con un funerale “strano” come veniva definito dagli abitanti del paese. Strano come lui, isolato come lui. Al quale però, insieme ad un unico spettatore, era presente un mazzo di fresie, quelle che avevano accompagnato per un’intera vita l’amore di Olmo. E quelle che concludono il racconto, quando le esistenze di Maria la fioraia e di Marco si incrociano, nel momento in cui lui ha concluso la ricerca. Alcune di quelle lettere non furono mai spedite al destinatario, il contenuto rimase segregato all’interno di una busta, ma di certo viaggiano ancora, attraverso le soffitte, i mercati, le scatole di legno che Olmo collezionava, imparando a riconoscerle solo dall’odore.

Alla fine della lettura le prospettive di spazio e tempo si confondono, e si confondono anche le vere esistenze dei personaggi. Di chi è quest’amore vissuto in mezzo alla natura, in un tempo povero? Di Angelina o della signorina Maiani? E di chi è questa ricerca spasmodica di felicità, questo cercare e frugare nella vita di un altro, di Olmo o di Marco? O forse di Anna, che va via dalla città dopo il suo veloce contributo alla nostra storia. Tutto sembra sovrapporsi casualmente, ma così non è. È piuttosto l’empatia dei personaggi che permette loro di attrarsi con una forza inesauribile e sconosciuta, anche a distanza di decenni, anche in luoghi diversi, anche correndo il rischio che la ricerca sia vana. Perché, come il narratore spiega a metà della sua quest, «si può avvertire una bellezza incomparabile anche in ciò che tramonta» quando si capisce finalmente che per essere felici, è necessario «rincorrerne la possibilità di esserlo, inseguire quella felicità che cambia secondo il corso dell’esistenza e che tiene conto degli anni e dei mesi».

 

Angela Galloro

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 47, luglio 2011)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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