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A. XVIII, n. 206, dic. 2024
Il paradosso
dell’amore
e del desiderio
di Agata Garofalo
Da Giulio Perrone la storia
degli istinti e dei sentimenti
che fuggono la razionalità
Nei paradossi si nascondono le più grandi verità, la chiave stessa dell’esistenza. Perché la vita è un paradosso, così come l’amore ed il desiderio. È da folli cercare una logica razionale che li governi, una legge universalmente valida per interpretare ogni loro sfaccettatura.
Com’è possibile che lo stesso sentimento, che sembrava eterno e reciproco, possa scomparire di colpo per un membro della coppia e continuare invece a tormentare l’altro senza sosta? Le risposte a questo tipo di domande sono necessariamente personali, da ricercarsi nell’esperienza quotidiana. I libri, al contrario, insinuano ed alimentano in noi il dubbio, stimolano dolcemente l’immaginazione e le emozioni, esortandoci a vivere per scoprire ciò che nei libri possiamo solo intuire. Un serbatoio di intuizioni, dubbi e stimoli è l’ultima opera di Giuseppe Aloe, La logica del desiderio (Giulio Perrone editore, pp. 212, € 13,00).
Un desiderio incontrollabile
Il protagonista senza nome di questa storia fatta di animi passionali e fantasmi del passato è impegnato nell’estenuante tentativo di razionalizzare gli istinti, per riportare ordine nella memoria e nel caos dei sentimenti. «Come fa ad asciugarsi un desiderio d’amore? – si chiede – Un desiderio che sembra inesauribile e esplosivo? Perché prende la discesa e scompare? Dove va? Ci deve essere un luogo dove l’amore decaduto si deposita. Un luogo. Una specie di cimitero. Un fabbricato periferico».
Egli ammette a tratti l’irrazionalità del suo amore per la bella Vespa, «una passione incontrollabile – confessa –. Il ricongiungimento con la parte meno evidente della mia persona: il desiderio. Mi stavo riappropriando del desiderio». Non rinuncia però al bisogno di tenere sotto controllo questi istinti, sia i propri che quelli della sua amante, di «entrarci dentro a quella pulsione, cercare di comprenderla, darle un sistema. Di sistemarla in modo che non debordasse più. Volevo codificarla». Lei però sfugge ad ogni controllo e dalle sue braccia, alla continua ricerca di nuove avventure. Attento a tacere quel che ancora prova per lei, egli accetta di divenire suo confidente. Quando le chiede il perché di tante sfrenate scorribande erotiche all’insaputa del marito, Vespa risponde, con una semplicità disarmante, che il desiderio «non ha una logica. È desiderio, è qualcosa di irresistibile a cui non puoi opporti».
La donna sembra appagata da questa vita promiscua e libertina, quando accade l’imprevedibile. Una scoperta che la mette di fronte ad un bivio e la porta a compiere un gesto estremo e disperato. Un gesto che rivela profondo disagio, voglia di «dare un colpo finale alle sue ambizioni, alla lussuria, al calcolo erotico, alla superficialità della vita. Alla sua estrema solitudine affollata».
La solitudine ed un nuovo amore
Rinata e liberata, Vespa trova la sua pace in una nuova vita, lontana dal suo ex amante e confidente, che, solo e sbandato, deve fare i conti con gli unici compagni della sua esistenza: l’assenza ed il ricordo. Nella desolazione più totale sente la «stanchezza di dover camminare per migliaia di chilometri senza incontrare nessuno che parli la tua lingua».
Fino all’incontro con la dolce Agneta. I due hanno in comune un passato da amanti, prigionieri di una passione che non è mai sbocciata in amore. «Era il paradosso del desiderio, pensavo. Come se ogni desiderio amoroso vivesse solo in un regno incongruo, incostituzionale, stravagante e spasmodico. Questo era il punto di contatto fra le nostre vicende. La mancanza di tutto l’occorrente che serve a vivere. Questo era il desiderio. Nient’altro».
Nel bel mezzo dell’idillio con Agneta, Vespa riappare dal nulla. Stavolta è lei a cercarlo, a raccontargli la sua pena per non riuscire a smettere d’innamorarsi continuamente, alla disperata ricerca di «devozione e peccato. Questo era il suo destino». Adesso è lui a ritrovarsi davanti ad un bivio, ai suoi fantasmi, a dubbi che non aveva mai avuto, vittima di un desiderio insano ed incontrollabile: «Il desiderio di lei, come amante e come nemica, mi stremava». Ora è lui a dover scegliere: uscire allo scoperto e prendere una decisione oppure continuare a lasciarsi vivere, in balìa degli eventi, del desiderio, delle decisioni altrui.
Il bisogno di razionalità, l’inutilità del risultato
Nella memoria, come nella scrittura e nella matematica, bisogna seguire un certo ordine, rispettare determinate strutture, per far sì che tutto combaci e si arrivi al risultato. Che sia esso ricostruire un ricordo, comporre una frase scorrevole, far quadrare un’equazione. Il protagonista del romanzo, facendo spesso riferimento alle succitate categorie logiche (memoria, scrittura e matematica), svela fin da subito che quella che sta per raccontare non è una vicenda semplice e lineare: «alle volte, da solo, a casa, seduto, me la ripasso in mente, come si faceva ai tempi della scuola, quando si doveva imparare a memoria una poesia. […] E come al solito qualche parola, un intero verso magari, non ti rimaneva a mente. Perché c’era qualcosa nel ritmo che ti fermava, che rimaneva appeso, e così non riuscivi ad andare avanti». Allora bisogna «ripassare i motivi, la struttura, le vicende, […] mettere il tre prima del quattro, il trentasei dopo il trentacinque», altrimenti tutto s’intreccia, s’inceppa e non riesci più a leggere, ricordare, far di conto.
Aloe è capace senz’altro di far scorrere veloci e lineari le parole, intrigando e stuzzicando il lettore. Il filo della memoria, seppure in maniera irregolare ed alquanto sconnessa, è ripercorso nel romanzo seguendo un personale stream of consciousness. Ciò che fatica a quadrare sono i conti. Sembra impossibile restituire una logica matematica e dare un senso razionale alle storie d’amore e desiderio raccontate. Estrapolare dalla miriade di conteggi eseguiti dal protagonista un’equazione unica che racchiuda in sé il segreto dell’attrazione e del sentimento si rivela infine impossibile. Ed allo stesso tempo inutile. Restano poche certezze, in una vita che si consuma come una candela. Così come i ricordi e gli amori, che sembrano indissolubili ma si sciolgono come cera.
L’autore sa bene che ciò che conta non è l’arrivo, quanto il cammino, non il finale, piuttosto il racconto in sé, non il risultato bensì l’intreccio di ricordi e prospettive. Come un ragno che tesse la tela, Aloe, finito di stendere la sua trama, si mette in disparte ed attende sornione. Ha terminato il suo compito, spetta ora ad ogni lettore trarre le proprie conclusioni ed immaginare il proprio finale. Perché se c’è una logica nel desiderio, di certo è soggettiva, oltre che insondabile.
Agata Garofalo
(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 51, novembre 2011)