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Anno V, n. 51, novembre 2011
Se Dio ama
la “rete”
di Angela Galloro
Un missionario
racconta Internet.
Infinito edizioni
Il fatto che sia un missionario a scrivere un saggio sull’uso del web nei suoi aspetti positivi e negativi e sugli effetti che esso provoca nelle nostre vite è un dato interessante ed è testimonianza del fatto che il digitale costituisce un mezzo (mai un fine, però) dalla diffusione inevitabile. Tale, di conseguenza, è la ragione per la quale è necessario che il web venga accettato con atteggiamento positivo e non come un nemico da contrastare o evitare in modo oscurantista.
L’aspetto utile di questo saggio è proprio quello di spiegare come, al contrario di quello che pensano i digital immigrant ,cioè coloro che si sono adeguati all’avvento dei mezzi di informazione e comunicazione telematici, questo enorme motore di ricerca possa essere d’aiuto nella vita di ogni giorno e di ogni categoria. Ne usufruisce anche la Chiesa, attraverso le sue missioni e, se il suo potere persuasivo è quello di sempre, questo può convertire anche i più scettici al nuovo rivoluzionario strumento.
In principio era il Verbo…
Sebbene ci troviamo a leggere di iniziative ecclesiastiche che riguardano il web e che comprendono soltanto una piccolissima percentuale degli utenti, il punto di vista degli autori Giulio Albanese e Sergio Pillon in Cliccate e troverete (Infinito edizioni, pp. 112, € 10,00) si può estendere ad ogni campo del sapere. La prima riflessione che apre il libro e la Prefazione ricordano infatti l’importanza dell’ascolto e della comunicazione, un principio certamente evangelico ma anche laico, profano, terreno, che costituisce, in fondo, la spina dorsale del web. Comunicare in tempo reale è informazione momentanea, fredda e selettiva, ma è anche testimonianza, annuncio, partecipazione, un concetto ben espresso durante il convegno ecclesiastico Testimoni digitali, che si è tenuto più di un anno fa. Al di là dell’“evangelizzazione” che è ormai un termine (e uno scopo) “politicamente scorretto”, l’obbiettivo che la Chiesa cerca di raggiungere è quello di comunicare in un altro modo. Ciò è possibile grazie al fatto di aver compreso che, se anche i principi cristiani restano pilastri fermi in saecula saeculorum, ciò non esclude che i mezzi possano diventare migliori, più efficienti e alternativi.
Il luogo dei luoghi
Giulio Albanese, missionario fondatore del Misna (Missionary service news agency) racconta in questo volume la sua esperienza con il digitale che gli ha permesso comunicazioni in tempo reale da luoghi estremi e quindi un vantaggio pratico nella sua religiosità, che è quella concreta di viaggi e aiuti umanitari. Ma Internet è anche un utile strumento di confronto, pubblico e personale, su ogni argomento possibile. Il fatto che una piattaforma planetaria sia in grado di contenere tutto (o quasi) quello che vorremmo sapere, anche se per sommi capi, è un fenomeno impossibile da sottovalutare. Così come la libertà della rete, decisamente ineguagliabile: è qui che nasce un’informazione non ufficiale, un focolaio di protesta, un’associazione, un gruppo attivo, un evento, e tra i digital natives (cioè le giovani generazioni nate già nell’era digitale, contrapposte agli immigrant di cui sopra), anche una relazione sociale.
Il volume rivisita il concetto del «non-luogo» stabilendo che Internet, nonostante le dicerie di moralisti trogloditi, non costituisce uno di quei “non-luoghi” di cui parla Marc Augé, che priva dell’individualità, che omologa, che automatizza i movimenti; nasce come tale, ma finisce per racchiudere tutti i luoghi del mondo e, attraverso il citizen journalism, attraverso portali e domini, attraverso il progressivo aumento dei blog, rappresenta un’enfatizzazione della personalità di un individuo, piuttosto che una massificazione. È quello che accade tra i missionari, le cui organizzazioni hanno iniziato ad utilizzare Internet prima di molti altri, per testimoniare la parola e anche l’azione umanitaria attraverso questo grande network, Misna, del quale Albanese racconta la storia: si tratta di una rete in grado di raccogliere notizie delle varie missioni in ogni Paese del mondo, fruibili da tutti e in tempo reale. Nata come ufficio stampa, ai tempi in cui la diffusione di Internet non era capillare come oggi, ha avuto nel web la sua Provvidenza, diventando così uno strumento indispensabile e intercongregazionale. Anche qui, uno degli impedimenti principali è che moltissimi luoghi del mondo sono impossibilitati ad accedere in rete, quelli sottosviluppati perché piagati da problemi più seri come la povertà, quelli in via di sviluppo (come la Cina) perché soffocati da una censura ferrea: per spiegare questo fenomeno, il libro riporta le statistiche dell’utilizzo di Internet da parte di alcuni Paesi e le differenze complessive tra i continenti per dare al lettore un quadro abbastanza chiaro di questo “villaggio globale”.
Gli effetti collaterali
La paura del web e dei suoi contenuti proviene da un presupposto errato: che esso sia la causa di alcuni fenomeni sociali negativi e immorali che in questo spazio hanno la possibilità di diffondersi. La speciale intuizione del libro consiste nello sfatare il mito del “degrado dei giovani di oggi a causa della tecnologia”; la «Rete» sostengono gli autori «non può essere ritenuta come la causa del disagio morale, semmai ne è il termometro». Proprio così: il fatto che senza il web molte espressioni di disagio, degrado ed emarginazione non siano mai venute alla luce, non vuol dire che esse non esistano. Il fatto che Internet le “urli” pubblicamente non è che un vantaggio per chi – come gli educatori, i missionari, le categorie religiose e non – ha intenzione di porvi rimedio.
La soluzione è una «nuova moralità», che tenga conto del corretto comportamento nel web dal momento che il contatto in rete avviene tra persone e non tra automi, nonostante il medium del monitor possa rischiare di spersonalizzare il rapporto. La regolamentazione, la vera e propria legislazione applicata al web deve essere rispettata in tutte le sue forme tenendo presente che “crackare” o violare il copyright e la privacy in rete è tecnicamente uguale a forzare una serratura, all’irruzione o al furto.
Per un corretto funzionamento dei nuovi mezzi di comunicazione e informazione a vantaggio di tutti è necessario «riconoscere che, moralmente parlando, “reale” e “virtuale” coincidono» e sulla base di questo principio, educare i naviganti, soprattutto se digital natives.
Angela Galloro
(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 51, novembre 2011)
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