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Direttore editoriale: Giovanna Russo
Anno V, n. 50, ottobre 2011
Un neo-Eden
e la sua storia
con la camorra
di Francesca Ielpo
Ricordi e ombre da ridefinire
nell’intimo percorso proposto
dal romanzo di Fazi editore
Un vecchio televisore Brionvega come emblema del passato che si raccorda al presente, o meglio, ad una quotidianità che sembra scorrere senza inceppi verso un’esistenza semplicemente normale.
Non c’è tempo per soffermarsi, approfondire, contare parole ed emozioni. Siamo immersi in un’esistenza complessiva che non vogliamo preveda sfumature. Solo la ricerca di risposte a domande, giunte all’improvviso e il cui carico significativo coglie impreparati, ci allontana da certezze abituali. In questo modo il valore di azioni e pensieri consuetudinari si sminuisce improvvisamente. Così, solo dopo esser giunti alla consapevolezza di dover scegliere la nostra vita, il richiamo alle origini è necessario o, per strane coincidenze, proviamo una strana sensazione di smarrimento e da lì si comincia a sentire il bisogno di indietreggiare, per ordinare miscugli del passato mai notati o semplicemente dimenticati. Un ritorno alla primitività personale, in cui niente è scontato e tutto ha una conseguenza. Si tratta, quindi, di una logica deterministica che prende avvio dal remoto.
Tutto questo esplica Giorgio Nisini, studioso, saggista e insegnante di Sociologia della letteratura a “La Sapienza” di Roma, in La città di Adamo (Fazi editore, pp. 300, € 18,00), attraverso i suoi personaggi, alla riscoperta di verità sconosciute, nascoste, che riemergono da riflessioni ponderate, diventate ora nuovi assiomi secondo cui continuare a vivere.
Soffermandoci sui ricordi dell’infanzia di Marcello Vinciguerra, il protagonista, ci troviamo immersi nei meccanismi della storia, a livello economico, politico e sociale. Ciò sorprende e fa sì che il lettore, di fronte ai problemi esistenziali di Marcello, e ai vecchi legami della sua impresa con la camorra, si soffermi su due chiavi di lettura diverse ma abilmente intrecciate.
Lo spazio metafisico quotidiano e reale
Lo sguardo distratto di Marcello, ricco proprietario di un’importante azienda agricola ereditata dal padre e situata nel Centro Italia, si sofferma casualmente davanti a un edificio a forma di cilindro. Immagine, questa, risalente agli anni Settanta e trasmessa dal televisore Brionvega, sintonizzato su un talk show politico.
Quella costruzione si carica di una sinistra forza visiva e determina in Marcello un vago ricordo infantile, sempre più definito, fino al momento in cui, tra la folla di individui, egli nota un uomo e un bambino che si tengono per mano: lui e suo padre.
Il quartiere in cui si svolge la scena è Eurano, edificato oltre la periferia Sud-Est di Caserta, in cui le redini del potere sono nelle mani della camorra, più precisamente, all’epoca, in quelle di Adamo Pastorelli.
L’uomo che avevano incontrato in quel lontano giorno, quando una macchina da presa aveva registrato i loro passi in quella città, aveva lo stesso nome: «Ricordo di aver pensato immensamente al suo nome mentre mi sorrideva. Adamo, lo stesso nome del primo uomo. Lo stesso sorriso del primo uomo. E quello doveva essere il suo paradiso, una gigantesca rete di case a forma di cilindro che stavano assumendo le sembianze di una città. La sua città pensai. La città di Adamo».
Tra vacui ricordi, che gettano ombre sul padre e sugli affari aziendali, ipoteticamente accordati con la camorra, contrasta il definire dettagliatamente un unico grande spazio: Eurano, per l’appunto.
Sede del potere illecito, assume, nel momento in cui il protagonista vi giunge dopo l’immagine-rivelazione, l’aspetto di un luogo poco aereo e spazioso, «una sorta di mise en abîme topografica».
Siamo di fronte a una trasposizione simbolica significativa: ripercorrere la città (d’invenzione dell’autore) è il modo per ripercorrere la propria vita partendo dal passato, volgendo un nuovo sguardo su affetti e lavoro per revisionarli. Lo scopo è la ricerca della verità. Marcello è insoddisfatto della sua vita coniugale: ha una moglie, Ludovica, bella, dinamica, piena d’interessi e di curiosità, ma non trova l’essenza del suo rapporto con lei. Ciò che li circonda è frutto di gesti automatici e quotidiani in cui lui, certo, non è se stesso.
L’impresa che si ritrova a gestire è una scelta dettata dal padre: la sua volontà non ha mai riscontrato il puro desiderio di farvi parte. Conseguenze, queste, di silenzio e superficialità, in primis per ciò che concerne un rapporto paterno mai approfondito e visto con gli occhi di un figlio catapultato nella sicurezza di una vita geometrica, senza troppi problemi perché monotona e meccanica.
Ma la mente degli uomini è troppo complessa per non scoprire e rivalutare i confini labili delle poche certezze che crediamo di avere. Entrano in gioco le rivelazioni, le epifanie. Marcello le ha avute a partire da un’immagine televisiva, raffigurante un luogo solo inconsciamente conosciuto.
Non a caso, all’interno del romanzo si citano Giorgio De Chirico e Federico Fellini. Di quest’ultimo viene riportata un’intera intervista, in cui, a proposito del quartiere Eur di Roma, «parla quasi con incanto, come di un luogo improbabile e metafisico, congeniale a chi fa di professione il “rappresentatore di immagini”. Così dice nell’intervista: il rappresentatore di immagini».
Raffigurazioni spaziali, al di là del tempo, che forniscono al protagonista verità assolute, mai trovate prima.
Il padre stesso, scrive Nisini, aveva insegnato a Marcello a soffermarsi su semplici elementi esterni, circostanti o lontani, e a trarre da questi il massimo benessere: «Poi alzai il viso in direzione del sole. Annusai l’aria per un po’, alla ricerca di qualche odore o segnale che mi desse una risposta accettabile. Forse era questa la strada che dovevo seguire: cambiare angolazione, allentare la logica capziosa con cui avevo finora osservato il mondo, lasciare vagare i pensieri proprio come mi aveva insegnato mio padre.
Arrivare a lui ripartendo da lui».
Verità non dimostrate ma assolute
Probabilmente l’incontro che avvenne ad Eurano suggellò l’accordo tra l’ortofrutticola Vinciguerra e Asso, una catena di supermercati campani, sotto la supervisione malavitosa di Adamo Pastorelli. La caduta di entrambi (Adamo e supermercati) aveva fatto sì che i rapporti si interrompessero.
In realtà, il protagonista non riesce a risalire con estrema precisione all’autenticità dei fatti. Arriva alla verità, ma senza nessuna prova concreta: «Dio esiste, anche se nessuno lo ha mai visto».
È una scoperta dedotta, «limitata all’intelletto», che presuppone «una sua esistenza solo nell’intelletto». Eppure Dio stesso sembra mostrarsi fragile, debole, in quanto non capace di creare un altro se stesso.
Marcello, da un contesto alto-borghese fino a quello criminale, si riscopre proprio nelle vesti di un’entità difettosa, che ha bisogno di soffermarsi sulle sue effettive potenzialità e sulle conseguenze che le stesse hanno innescato con il passare degli anni.
Giocano un ruolo fondamentale il legame con il padre (il passato), con la madre (il passato ancora presente), con sua moglie (il presente).
Romanzo moderno, dalla scrittura poco complessa ma dinamica, rapida e sintetica, che ritrae una realtà attuale che sente il bisogno di allontanarsi da processi di esemplificazione per trovare, scavando nel profondo, vecchie radici e nuove verità.
Tutto prende avvio dalla città di Adamo, fino a giungere a casa del protagonista, dove Eva (Ludovica), con una mela in mano, seduta su un divano, l’aspetta.
Il disfarsi della trama prevede due piani narrativi diversi, frutto di un’opposizione esterno/interno: una città, vessillo della società e collettività, in opposizione alla propria abitazione, ciò che è più intimo; collettività/individualità di fronte ad Adamo, iniziatore del genere umano, e Marcello, uomo singolo, la cui individualità e personalità si definiscono nel corso del romanzo, a ritroso sulla strada delle sue vicissitudini esistenziali.
D’altronde, la connotazione di origine, ciò da cui tutto prende avvio, è insita nella stessa parola “Adamo”.
Francesca Ielpo
(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 50, ottobre 2011)
Monica Briatico, Lidia Palmieri, Pamela Quintieri
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