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Anno V, n. 49, settembre 2011
Le corna,
il simbolismo
di Maria Grazia Franzè
Da Bevivino
un curioso studio
antroposemiotico
Gesti o parole, offese esplicitamente fatte o anche solo accennate. È un dato di fatto: la nostra lingua non è solo l’insieme di un codice orale e scritto, noto e stabilito dai parlanti ma è anche e soprattutto uno strumento che utilizza i gesti come elementi ausiliari e, talvolta, complementari delle parole stesse. Tutti, sin da piccoli, siamo stati portati a fare dei gesti accompagnando il significato delle parole e tutti crescendo nel tempo, continuiamo a gesticolare durante le nostre conversazioni fornendo dei messaggi a chi ci ascolta che affondano le loro origini in tempi non vicini.
In questo senso, scoprire e capire i significati dei nostri gesti, in particolare di quelli portatori di un doppio senso, quello della scongiura e quello della difesa, è possibile grazie a un’approfondita analisi antroposemiotica, come quella svolta dal professore Gian Piero Jacobelli nel saggio intitolato Le Corna (Bevivino, pp. 220, € 18,00).
Il significato di un gesto
Ricostruire le origini e analizzare la nascita di un simbolo è sicuramente un’ardua “impresa” da attuare, e non perché i gesti affondino i loro significati in tempi remoti ma anche e soprattutto perché ripercorrere le tracce di un gesto simbolico è qualcosa di difficilmente ricostruibile: «[…] la simbolicità presuppone una serie di operazioni semiotiche nel cui ambito l’origine si prospetta come una condizione programmaticamente metamorfica e sempre in itinere».
Tuttavia, seppure la comprensione della gestualità non sia un facile lavoro, c’è da dire che nel gesto delle corna si riscontrano sin da subito due significati: quello dell’offesa e quello della difesa; ma, in che modo?
Intanto, in caso non fosse noto, la mano a corna rivolta verso l’alto racchiude un significato diverso rispetto alla mano a corna rivolta verso il basso, proprio perché la prima scaccerebbe il malocchio da sé e l’altra lo getterebbe su chi, ipoteticamente, ne è la causa.
Del resto ci sono modalità gestuali differenti e anche le corna possono lasciare intendere significati diversi. Ciò nonostante, la peculiarità di questo gesto, in qualsiasi accezione esso sia utilizzato, è la scelta della tipologia di corna, ossia quelle caprine. Perché tra i tanti animali, nel dizionario popolare si sono scelte le corna di un animale specifico? E poi, cosa oltremodo interessante: «[…] perché le corna di una specie in cui, tra l’altro, non sono prerogativa dei maschi, ma caratterizzano anche le femmine, dovrebbero alludere al maschio tradito, al tradimento perpetrato proditoriamente dalle femmine? Che senso avrebbe distinguere mediante le comuni corna il maschio dalla femmina, se ciò che li distingue davvero non sta sopra, ma sotto la testa o, meglio, sotto la coda?».
Animali dotati di ragione e non, sta di fatto che la disamina di questo gesto va al di là della comune conoscenza e, nel saggio, il professore Jacobelli avanza anche le idee di semiotici italiani e stranieri come Umberto Eco e Anton Blok.
Dalle pagine emerge non solo un interessante viaggio nell’epistemologia del linguaggio gestuale, ma anche e soprattutto il legame che sussiste tra la formazione della lingua, la società e l’antropologia, tematica, quest’ultima, che è emersa in un passato convegno dell’Associazione italiana di studi semiotici nel 2007, nel corso del quale si è arrivati alla conclusione che «per essere utile la semiotica deve intendersi come qualcosa nell’ordine delle scienze dell’uomo con cui può essere in qualche misura compatibile».
Segni e significati: quando il silenzio vale più di tante parole
Il simbolo non solo racchiude un significato a sé definito e riconosciuto da tutti ma, in molti casi, grazie alla molteplicità dei registri aggiunge messaggi su messaggi. Lo studioso Dan Sperber, citato da Jacobelli, afferma che attraverso la comprensione del simbolo o del gesto, ci sia un modo per comprendere e interagire con la parola e con il suo significato modulandolo e rendendo così la significazione motivata e motivante.
Partendo dall’idea che le parole e i gesti possono convivere, Antonino Pagliaro scrive: «la parola, che rappresenta o narra, non fornisce, ma media la situazione di fatto; la mediazione è di ordine mentale, vorremmo dire teoretico, in conformità alla tecnica propria dell’atto linguistico. Il gesto, invece, fa riferimento al fatto, stabilendo un netto rapporto spaziale o affettivo con il contenuto, vale a dire con la situazione che è verbalmente rappresentata».
Il parlante quindi con le parole rappresenta l’evento, con il gesto si pone dentro l’evento stesso e, in tal senso il gesto delle corna, integra e interpreta ciò che è noto come cornuto.
Qualche parola sull’autore
Gian Piero Jacobelli è uno studioso di Filosofia ed Etica della comunicazione. Dopo la formazione presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” ha collaborato con numerose riviste tra le quali si ricordano Civiltà delle Macchine, Futuribili.
Negli anni Ottanta ha coordinato e ideato mostre nazionali e internazionali, e si è dedicato all’insegnamento presso le università di Roma “La Sapienza”, Roma Tre e Luiss Guido Carli, nonché alla Iulm di Milano.
Tra le sue pubblicazioni si ricordano: Scomunicare e Le mosse del cavallo.
Maria Grazia Franzè
(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 49, settembre 2011)
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