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Direttore editoriale: Giovanna Russo
Anno V, n. 48, agosto 2011
Esoterismo, frati esorcisti,
sette sataniche, la Sicilia:
tutto nella nuova indagine
del commissario Martino
di Rossella Giannone
Scrittura & Scritture editore pubblica
un giallo dal retrogusto “diabolico”
Il ritorno di un “diavolo” di scrittore
Dopo Il segnale (1999) e L’esilio (2001) pubblicati con Sellerio Giovanni Merenda ritorna con la sua penna, convincentemente ricca ed espressiva, a raccontarci una realtà in cui il genere del giallo si contamina di citazioni, riferimenti letterari, musicali e teatrali. Il protagonista, il commissario Luigi Martino, si trova a dover lavorare temporaneamente in una Palermo contraddistinta da un’incessante pioggia, a dispetto del frequente bel tempo che caratterizza l’isola siciliana, e macchiata da un omicidio raccapricciante e misterioso. Trasferitosi a casa dell’amico e collega Pietro, che deve sostituire per un periodo di circa quattro settimane, il commissario si vedrà coinvolto in un assassinio in cui sembra evidente il tocco di una diabolica mano, fredda e malvagia, e di una altrettanto satanica mente.
Il cadavere riposa inerme in una pozza di sangue, il volto coperto da una maschera indonesiana; sul corpo e sparsi qua e la pezzi di giornale, lettere tagliuzzate che danno alito al suono del male: la voce spietata del “diavolo”.
Ne Il ritorno del diavolo (Scrittura & Scritture, pp.128, € 11,50) l’autore attinge al genere del romanzo giallo per farsi portavoce di una storia il cui intreccio mette a nudo la natura del male, in parte presente anche nella struttura della società siciliana, spesso descritta con ironia come ambiente corrotto e segnato dall’ingiustizia; ma ancor di più dal male insito nell’uomo e che, poliedrico, può manifestarsi attraverso le azioni di chi lo evoca, di chi lo difende divenendone complice, di chi cede alle sue lusinghe arrivando a non distinguere, dentro di sé, la propria integrità morale e dignità umana.
Maschere, ritagli di giornali e “diavolerie”
La stanza è la numero 36. La facoltà è quella di Lettere. La vittima è una giovane ricercatrice universitaria, Aldina Giunita, assistente del professor Fattori, autore del libro “Il ritorno del diavolo”, un saggio che scandaglia il mondo del paranormale riportando casistiche e nomi di personaggi italiani appartenenti a sette sataniche e a gruppi esoterici.
Sarà stato tale libro “scomodo” la causa di perfide invidie in ambito accademico e il movente dell’omicidio? O, forse, questo è solo un avvertimento per scoraggiare la futura pubblicazione di un secondo volume sull’argomento? Il mistero si acuisce quando si scopre che cento anni prima, nella stessa stanza in cui è stato trovato il cadavere della giovane donna, un frate esorcista era stato assassinato.
Questa l’intricata matassa che il commissario Luigi Martino proverà a sbrogliare, attraverso il prezioso aiuto dei suoi fedelissimi assistenti, Di Blasi e Orlando; il primo affetto da un’insolita “afasia shakespeariana” che gli impedisce da tempo di esordire al momento opportuno con le consuete citazioni dello scrittore inglese; il secondo, preciso e “burocratico”, concentrato nel prendersi cura della nonna stravagante e ribelle.
Fanno da contorno all’intera indagine una serie di figure che divengono anche il perno della stessa narrazione: dalla pettegola segretaria del professore che “cinguetta” malignità a sproposito, a Carmelo che dirige il personale ausiliario dell’Istituto e non perde occasione per imprecare contro la penuria di risorse economiche; al gatto Fredastaire il cui temperamento, quasi fosse un essere umano, viene descritto con sagace sottigliezza dall’autore.
E via con altri testimoni e personaggi sui generis – adoratori di Satana, frati esorcisti, maghi, cartomanti – che supporteranno o intralceranno il commissario, sempre più tenace nella volontà di risolvere il caso.
L’eroe nei panni del piccolo uomo
Intelligente, ironico, sensibile e, sovente, soggetto a riflessioni interiori che commentano la miseria umana, spesso attraverso turpiloqui spazientiti, il commissario Luigi Martino proverà, con ogni mezzo, a fare luce su un caso che non lo vede distaccato e imparziale, ma che al contrario, fin dal primo momento, suscita in lui ricordi, rimpianti e rimorsi di una vita vissuta molto tempo fa. La ricerca della verità sarà, allora, mossa dalla bramosia di fare trionfare il giusto, il senso del dovere di un commissario che, seppur fiero e dignitoso, si scontra giorno dopo giorno con la consapevolezza dei propri limiti, con rimorsi e rimpianti legati alla sua vita passata.
E proprio questo stereotipo del commissario buono ma imperfetto è incarnato da Luigi Martino, che a volte pasticcia, camuffa, cela, ai limiti della legalità e della prassi, ma che sempre si lascia guidare dal suo intuito, grazie all’emulazione dei suoi eroi-miti della letteratura poliziesca – che spesso cita, comparando le proprie azioni a quelle dei personaggi letterari – o abbandonandosi alle note dei suoi brani musicali preferiti, che ascolta come fossero la colonna sonora della sua vita e del suo lavoro, mentre analizza le prove in suo possesso, sorseggiando una birra e imprecando contro il mal tempo.
Il giallo: tra ironia, piaghe sociali e senso del giusto
L’autore, maneggiando con sapienza il genere del romanzo giallo, mette sagacemente a nudo la debolezza dell’uomo che cade nella tentazione di cedere al male, regalando al lettore una storia avvincente, che tiene incollati ad una narrazione vivace, ironica, stuzzicante e fantasiosa.
Attraverso la scelta metaletteraria, un libro la cui storia è incentrata su un testo omonimo, e mediante una cura spropositata del dettaglio, l’autore dà luce ad una narrazione in cui il tono investigativo, sottomesso al processo deduttivo dell’uomo di legge, regna sovrano su una scrittura veloce, asciutta, senza fronzoli ed efficace che regala una lettura piacevole e scorrevole.
Non c’è spazio per giri di parole, né espedienti letterari: la verità è schietta e cruda e scoprirla attraverso la voce dei personaggi, lineari e ben caratterizzati, è per il lettore un vero piacere.
Una verità pungente e amara che forse, più che avere a che fare con forze occulte ed esoteriche, affonda le sue radici nella povertà morale dell’essere umano, nella sua miseria e nei cattivi sentimenti che essa genera.
Rossella Giannone
(www.bottegascriptament.it, anno V, n. 48, agosto 2011)
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