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A. XVIII, n. 205, nov. 2024
La vicenda artistica
e il dramma umano
di un compositore
travolto dalla Storia
di Giovanna Russo
Da Manni un romanzo ove la musica
diviene un inno alla libertà di pensiero
contro qualsiasi forma di totalitarismo
L’azione pervasiva e uniformante dei regimi totalitari nell’insinuarsi all’interno di una società ne colpisce impietosamente qualsiasi componente; piega la volontà umana, e talvolta la distrugge, la costringe a una forza ingiusta canalizzata verso il raggiungimento di un ideale di identificazione con un modello spesso difficilmente supportabile dalla collettività.
Se poi si scontra con la creatività dell’arte in qualsiasi sua forma di espressione diventa una cornice opprimente all’interno della quale la scala cromatica si riduce in un bianco e nero. E l’artista, il virtuoso, talvolta non ha altra scelta, se non quella di uniformarsi a questa cornice, di soffocare il proprio estro, pur di tenerlo in vita sperando che l’incubo abbia fine.
Su questa linea si inserisce la storia di Rafail Dvoinikov maestro compositore russo, la cui drammatica vicenda umana e artistica è lo snodo principale attorno cui ruota il romanzo di Claudio Morandini Rapsodia su un solo tema. Colloqui con Rafail Dvoinikov (Manni, pp. 268, € 18,00).
Il romanzo raccoglie pagine di diario, interviste e frammenti di pamphlet settecentesco che si vanno a comporre sullo sfondo di uno dei periodi più drammatici della storia del Novecento, il regime stalinista, per costruire il percorso di un grande artista quasi dimenticato.
L’omaggio di un discepolo al suo maestro
Nel 1996 Ethan Prescott, giovane compositore di Philadelphia, si reca in Russia per incontrare l’anziano collega, il maestro russo Rafail Dvoinikov allo scopo di realizzare un’intervista che sia un tributo a quello che ai suoi occhi è un genio messo ingiustamente in disparte nel panorama della musica mondiale.
Con l’aiuto di Polina, devota assistente dell’anziano maestro, che fa da intermediario linguistico e guida tra le memorie e i ricordi frammentati di Dvonikov, Ethan si addentra nelle complesse vicende familiari e personali del compositore russo, scoprendo un mondo fatto di amore per la musica e per la vita che rimane sempre vivo nonostante i continui tentativi di soffocamento del regime.
È l’ombra della Commissione dei Musicisti che, simile a un uccello rapace, grava sull’attività di artisti che, come Rafail, si erano visti insigniti del ruolo di avanguardie nel corso della rivoluzione politica del suo paese; negli anni Venti erano stati eletti come distruttori di impalcature accademiche, fondatori di una società rinnovata, ma con l’affievolirsi e il placarsi della rivoluzione erano stati intrappolati da questo ruolo e in conseguenza di questo, perseguitati.
Dalle parole del compositore emerge la forza che ha tenuto in vita un uomo, un artista, nel corso di una vicenda personale fatta di stenti e sofferenze non legate esclusivamente alla necessità di dissimulare, di fingere, di seguire le direttive altrui per garantire a sé e ai suoi cari una vita nei margini della tranquillità, ma anche a una serie di tragedie che hanno colpito la sua famiglia, come la morte prematura della figlia. Una forza che forse è il fondamento della grandezza della sua musica, passione coltivata fin dalla giovinezza.
La vicenda personale del musicista piegata a un “diverso” totalitarismo
Rafail Dvoinikov è il musicista che si è dovuto piegare per necessità a un modello politico, sociale, al di sopra delle proprie capacità di sopravvivenza; che ha dovuto impiegare il proprio talento allo scopo di compiacere altri pur nella consapevolezza di ricadere nella mediocrità, nell’appiattimento.
Questo è il copione di un ruolo che accomuna il maestro e il discepolo in un percorso di vita spesso condizionato da forze superiori; è la vicenda che segna, a distanza di decenni, anche il percorso di Ethan, promettente compositore gay che per fare spazio alla sua dote nello scenario editoriale del suo tempo è costretto a realizzare progetti altrui, talvolta non edificanti, talvolta non aderenti alle sue necessità espressive, ma necessari per consentirgli di far parte di un panorama musicale cui tenta di stare al passo.
Anche Ethan sebbene certo in circostanze del tutto diverse, è costretto come il maestro russo a mettere la propria arte musicale ai servigi di un committente; la produttrice per cui lavora infatti gli chiede di comporre e lavorare al fianco di Dj Kosmo, guru della musica techno. Ethan non comprende questo frammento del mercato musicale, non lo apprezza, ma accetta l’incarico.
Qui emerge il fastidioso e ingombrante potere del mercato, capace di mettere in secondo piano la creatività e l’arte; è una forma di “totalitarismo” diversa, certo, ma che talvolta non lascia spazio alla pura e incontaminata espressione di cui il compositore vive. È la vicenda di Prescott, raccontata nelle pagine di diario che accompagnano le interviste e che lo legano a un percorso per diversi aspetti quasi parallelo al suo maestro.
La protagonista è la musica
Nell’avvicinarsi a questo romanzo il lettore potrà essere attratto inizialmente dalle vicende del compositore russo Rafail Dvoinikov, oppure farsi trasportare dalle riflessioni che accompagnano il giovane Ethan nei suoi frequenti viaggi tra Philadelphia e Mosca. Potrà ancora essere portato a riflettere sulla brutalità che ha caratterizzato la storia del Novecento oppure farsi coinvolgere dalle vicende personali dell’artista, compositore che si scontra con un’ambivalente realtà musicale e personale.
Ma di certo, quando avrà chiuso tra le mani il libro, finita di leggere
La musica, come tutte le forme artistiche che nascono dal profondo delle viscere, che si piega, si opacizza, si adegua alle esigenze vuoi della società, vuoi del mercato, ma che non perde la propria essenza sempre pronta ad esplodere rendendo libero chi ne possiede il dono.
«La sua musica e le sue parole dimostrano che si può rimanere liberi, come artisti e come uomini, anche sottostando alle direttive di un potere oppressivo».
Giovanna Maria Russo
(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 48, agosto 2011)
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi