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Problemi e riflessioni (a cura di Francesca Rinaldi) . Anno V, n. 47, luglio 2011

Zoom immagine L’imprudenza,
la colpa, il reato
e la negligenza:
un tour italiano

di Serena Poppi
Da una prospettiva locale emerge un
dramma nazionale, Infinito edizioni


Il contadino, il geometra, il parroco e la cognata, l’ingegnere e il vigile urbano, don Michele, l’assessore, il commissario sovrano generale della Monnezza, i netturbini e i camorristi, la sorella, il guaglione, ‘o direttore, Tammaro Circostanza, don Sandro e Peppino Quattrodita, l’assistente, il  capitano, ‘a muglier’,o piccirillo, Marianella, Dianuccia, Nunziatina, Antonè, Gerardo, Giovannella bella… in pratica è un’intera comunità, che è anche un’intera nazione, a ritrovarsi come vittima e artefice del proprio destino. Sì, perché diventa impossibile distinguere la colpa dall’imprudenza, il reato dalla negligenza, la furbizia dall’ignoranza, il Nord dal Sud, quando le informazioni sono poche, le amicizie ambigue, i soldi mancano e i figli crescono. Una prospettiva, questa, che viene ben illustrata nel testo Monnezza di Francesco De Filippo (Infinito edizioni, pp. 110, € 8,90) arrivato già alla terza edizione, un racconto che si sviluppa nella città di Napoli, ma che ben presto si scopre avere cause e conseguenze anche in altre città italiane.

Un libro-denuncia vivace e divertente, ma drammatico al tempo stesso: nell’indifferenza generale si inizia col costruire un palazzo totalmente abusivo nel quartiere di Pianura, fino ad arrivare, con incredibile facilità, ad edificare un’intera area illecita, sommersa da rifiuti urbani e scorie tossiche, ferita da interferenze camorristiche e connivenze istituzionali. Il tutto vissuto dai residenti con diffidente curiosità, ma pacifica rassegnazione.

 

Effetto domino

Dei tentativi per frenare questa avanzata di immondizia in effetti ci furono: per caso una mattina Gerardo, sbagliando strada, si ritrovò in una zona dove sentì una puzza incredibile, che non era una puzza di immondizia normale, era un’altra cosa, una cosa che non si capiva. Proprio quella mattina alcuni operai stavano coprendo roba liquida, scura e schiumosa con un enorme telone nero. Sopra il telo nero scaricarono anche la spazzatura normale. «Gerardo Cinquestelle lo disse ‘a muglier’, ‘a muglier’ lo disse alla signora Marianella che abitava ‘ncopp’ ‘o stesso pianerottolo, e a signora Marianella lo comunicò a Salvatore, che ogni pomeriggio saliva a scoparsela approfittando che abitava al piano di sotto… Salvatore lo disse a Dianuccia e Dianuccia a Nunziatina, che finalmente lo disse al fratello, Antonello Varriale, vice capo di tutti i vigili urbani e nella segreteria del sindacato nazionale di categoria!».

 «Nun se po’ fa niente, ‘llà cumanna tutto don Pasquale” disse Antonello Varriale  “Ma ‘ccà murimmo Antonè…” . “Allora nun è capito nu cazzo, Nunziatì. Secondo te tuo nipote come è trasuto dentro ‘a società dei telefoni? E tua figlia comme a fatto a truvà ‘o posto dinto ‘o Banco ‘e Napoli? E tuo marito? Si nun era pe’ don Pascale tu stavi ancora a fa’ ‘o mestiere».

 

Il ragno che tesse la tela

«‘Cca si tratta di decine di anni di storia di milioni di persone». In un’intervista dell’ottobre scorso per www.affaritaliani.it, l’autore del libro, dice: «C'è un groviglio tale di responsabilità per un'enorme quantità di problemi mai affrontati, ma sempre procrastinati, che è impossibile stabilire un solo “colpevole”. Ormai è difficile risalire alle origini e alle cause di questa situazione».

Ad un certo punto, il Comune impose ai residenti una tassa per la nettezza urbana, ma con gli arretrati sarebbe diventata impossibile da pagare; non si poteva più andare nemmeno da don Michele perché aveva fatto una brutta fine: due colpi secchi. Professionisti.

«Scusate ma nun è abusiva pure ‘a parrocchia?» e don Sandro pose le sue condizioni: la tassa non sarebbe stata pagata, ma i residenti avrebbero dovuto farsi carico di allargare gratuitamente la parrocchia – abusiva – e tutti i bambini fare il catechismo e la prima comunione.

«Na volta erano i camorristi che andavano dai politici a chiedere. Don Pasquale invertì le cose: erano i politici che andavano da lui a chiedere». Era soprattutto per capire e controllare, per conoscere, per questo gli serviva gente in Parlamento, gente tutta sul suo libro paga. Aveva acquistato le cave e le sfruttava vendendo il materiale alle sue aziende edilizie e queste costruivano Pianura ed altre zone abusive, direttamente sopra la sue discariche. Abusive.

Poi don Pasquale fu arrestato e collaborò con la giustizia.

E allora si mosse ‘o geometra, Bruno Esposito che, finalmente afferma: «visto il permanere dell’emergenza e le accresciute esigenze di personale destinato alla risoluzione del grande problema, sembra indispensabile trasformare il contratto dei mille netturbini da tempo determinato a tempo indeterminato. Detto fuori dai denti, i mille rispecchiano proporzionalmente i gruppi partitici all’interno della Regione, sono stati segnalati dai rispettivi segretari di questi, dunque non ci saranno disaccordi o malanimi», ma anzi: «Va bene, mettiamo la proposta ai voti uno… due… tre… vabbè, approvata all’unanimità» e tutta la commissione si girò verso il monitor per il fischio d’inizio della partita di Champions league.

L’aria condizionata era accesa, ma ‘o presidente fece aprire i balconi. Voleva sentire il respiro della città.


Serena Poppi

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 47, luglio 2011)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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