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A. XVIII, n. 205, nov. 2024
La lotta partigiana
in un denso diario
intessuto di dolore
di Claudia Crocchianti
Da Iacobelli una rievocazione intensa
dei giorni leggendari della Resistenza
Le pagine della propria vita personale Franco Foglino le ha condivise con quelle che sono alcune delle tappe della Resistenza partecipando attivamente alle lotte in montagna, alla battaglia di Alba e alla liberazione della città di Torino. Nonostante avesse scritto le sue memorie di partigiano già nel 1953, solo ora ha voluto renderle pubbliche per far conoscere la Resistenza, soprattutto quella piemontese, ai giovani. Come afferma Foglino stesso: «Sento il bisogno di scrivere i ricordi della vita partigiana e le esperienze di quel periodo […], vorrei spiegare i motivi della mia scelta verso la militanza partigiana». Per l’autore questo libro rappresenta un diario, la sua memoria e il presente: «Ormai le vecchie scarpe non tengono più malgrado le corde e gli stracci con cui le ho legate», per non far perdere la testimonianza di chi, come lui, ha partecipato attivamente alla Liberazione dell’Italia dal regime nazifascista. Questo è il nobile intento di Gioventù partigiana. Memorie 1943-1945. Canavese, San Mauro, Langhe, battaglia di Alba, liberazione di Torino (Iacobelli, pp.108, € 10,50).
Prima esperienza nella Resistenza di Franco Foglino
Gli esami di maturità erano finiti e Foglino poteva realizzare il proposito maturato durante i primi mesi del 1943, quello di unirsi ai partigiani. L’attesa era più lunga perché non esistevano progetti per il futuro e per il paese. Una notte Foglino e i suoi compagni furono svegliati da colpi di arma da fuoco giù nel fondo della valle: al comando da molto tempo si era imposto un gruppo di avventurieri che, eliminato fisicamente il predecessore, aveva insediato un nuovo comandante, un antifascista militante che sarebbe stato coadiuvato da un Consiglio dei capi dei vari distaccamenti di montagna. Il 2 agosto 1943 giunsero delle notizie allarmanti: sembrava che fascisti e tedeschi stessero aggirando la valle per procedere a un massiccio rastrellamento. I distaccamenti dei partigiani si attestarono sulla difensiva, ai piedi della vallata, organizzando l’evacuazione verso l’alta montagna di chi era disarmato. Si scatenò un’intensa sparatoria, che costrinse i partigiani a ripiegare.
Ecco come Franco racconta la sua fuga: «Mi avvio alla baracca di legno dove la porta è rimasta aperta. Afferro un pane […] e via di corsa su per il sentiero che risale il pendio della montagna». Dopo tre ore Foglino arrivò vicino ai monti Soglio e Angiolino da cui si estendeva un grande pascolo fino a
Viaggio verso Breno e il ritorno a casa di Foglino
Il 3 agosto 1943 si svegliarono all’alba, con l’intento di raggiungere ciascuno la propria zona. Foglino voleva procedere per le Valli di Lanzo per poi arrivare a Breno dove conosceva i partigiani del luogo.
A lui si unirono due carabinieri e dopo due giorni furono caricati da un camion di partigiani.
Foglino salutò i compagni e si fece portare fino a Breno in una villa dove fu ospitato dalla famiglia Carrello che non lo riconobbe subito.
Tutto andò bene fino a quando alcuni partigiani lo avvertirono di una colonna di tedeschi armati che stava arrivando per recuperare i cannoni presi ai fascisti. Per questa ragione egli fu costretto a nascondersi.
Franco fu affidato dalla famiglia Carrello al meccanico Moro che lo fece nascondere, insieme a un altro compagno, in un buco da cui essi potevano vedere la strada.
Carlo Carrello riuscì a scendere a Torino e a contattare il padre di Foglino che preparò una dichiarazione con cui affermava che il figlio aveva studiato tutto l’inverno a Breno presso la famiglia Ciaffi.
Franco riuscì a superare tutti i blocchi per poi essere caricato su un camioncino che lo avrebbe riportato a casa. Qui decise di iscriversi a ottobre al Politecnico di Torino dove conobbe fin dall’inizio tanti giovani e professori che la pensavano come lui.
Franco Foglino e la sua nuova partecipazione nella Resistenza
Al Politecnico riprese i contatti con la Resistenza e incontrò il suo primo coordinatore, Franco Pinardi, a cui rivelò le sue idee. Pinardi gli propose una partecipazione concreta alla lotta. L’incontro ebbe luogo il 16 dicembre 1944 e in quell’occasione si presentarono anche Sergio Pettinati e Maria Sacco.
Il suo piano fu accettato e divenne responsabile del programma.
Foglino parla di questo periodo soprattutto attraverso vari documenti: quello del 2 febbraio 1945 relativo al gruppo stampa e al giornale di zona; quello del 4 febbraio dello stesso anno in cui si parla della morte di Mimmo, suo amico, e della loro vendetta per una persona che ha dato la vita per tutto e per tutti; quello che va dal primo al 23 marzo del ’45 nel quale si parla di alcuni arresti. Anche Foglino seppe di un suo prossimo arresto e per questo decise di raggiungere
Lasciò un responsabile per la stampa e uno per il gruppo d’azione.
Il battesimo del fuoco di Foglino
Altri documenti sono quelli che raccontano il periodo che va da marzo a settembre del 1945; ossia del viaggio in bicicletta, del suo arrivo e dell’incarico di formare gruppi ausiliari nei paesi vicini. In quello del 15 aprile 1945 Foglino racconta il viaggio per arrivare ad Alba insieme a una parte delle due brigate della Terza divisone Langhe, della brigata comandata da Ivano Bellino e di quella comandata da Marco (Giuseppe Martorelli). Proprio al comandante Marco l’autore dedica un intero capitolo nel quale lo descrive: «Me lo ricordo alto, magro coi lineamenti un po’ tirati […], non doveva essere fortissimo, ma aveva un carattere di ferro […], trattava tutti amichevolmente trasfondendo un senso di umanità che ti faceva sentire compreso […], non perdeva mai il sangue freddo anche nei momenti più difficili e poi ispirava una tal fiducia che tutti l’avrebbero seguito anche all’inferno».
In quella occasione erano seguiti da un contingente di paracadutisti inglesi comandati dal capitano Ballard che si appostarono nella città ancora immersa nel sonno notturno.
L’azione che si apprestavano a svolgere era stata decisa nei giorni precedenti con il comando delle formazioni Matteotti del Partito socialista e con i Mauri (nome preso da quello del loro comandante). Questi erano i monarchici badogliani.
Ogni formazione sarebbe scesa dalle colline su un lato diverso per occupare temporaneamente la città e per far capire che ormai erano forti e ben organizzati.
Foglino era euforico, questo sarebbe stato il suo battesimo del fuoco.
Durante la battaglia alcuni fascisti si arresero e il settore della città che era stata loro assegnato passò sotto il controllo dei partigiani. Solo la caserma Covone rimase nelle mani dei fascisti.
Il pomeriggio furono avvisati che stava arrivando una colonna di mezzi corazzati tedeschi e così ripiegarono verso le colline con i loro trofei, i prigionieri fascisti, le loro armi e i loro cavalli.
Dal 25 aprile 1945 al 4 maggio 1945
Nel documento del 25 aprile 1945 l’autore racconta di una bellissima giornata: la radio aveva dato notizia della disfatta della Germania.
Foglino nel primo pomeriggio fu chiamato dal comandante Marco per partire in direzione di Serralunga e Barolo per avvertire i gruppi ausiliari di raggiungerli per armarli e poi discendere a Torino dove intanto era stato proclamato lo sciopero insurrezionale degli operai della Fiat.
Si racconta in questi documenti della discesa dei partigiani verso Nazole, dove era stata perpetrata una strage di civili, e dell’arrivo infine a Torino dove furono accolti dalla popolazione in festa: si erano finalmente conclusi quei tremendi venti mesi di guerra e di terrore che il Piemonte aveva vissuto durante l’occupazione nazifascista.
La capitolazione dei tedeschi era ormai imminente, e i tribunali partigiani procedevano inesorabilmente a emettere numerose sentenze di morte contro i criminali di guerra fascisti catturati.
Pieni poteri al Cln
Il Comitato di liberazione nazionale, formato dai dirigenti di tutte le formazioni partigiane, si riunì per prendere disposizioni atte a riportare ordine nella città. Foglino si stava preparando per la grande sfilata del 2 maggio a Torino alla quale avrebbero partecipato tutte le formazioni del Piemonte.
Finalmente la guerra era finita; i partigiani ritornarono alle Langhe per occuparsi delle famiglie dei caduti. Per provvedere a queste necessità fu istituito l’ufficio Stralcio divisionale, la cui direzione fu assegnata a Foglino e a Ferrero fino a settembre, quando furono esaurite tutte le pratiche.
Conclusione
Per Foglino gli anni da partigiano furono molto importanti e formativi, la parte del libro che ci consente di comprendere in pieno la sua personale esperienza e la Resistenza piemontese è la conclusione dove leggiamo queste parole: «Il nostro sogno di allora, un mondo migliore più libero e più giusto si è avverato solo in parte […], si è perso quel senso di unità delle forze politiche più diverse verso degli ideali più nobili che ci animavano durante la guerra dei partigiani […], ora serpeggia sotto sotto la corruzione nei rapporti umani dove prevale l’egoismo».
Nonostante la realizzazione parziale di quel sogno di libertà e giustizia traspaiono in tutto il libro quella passione, quel coraggio e quella ferma volontà di lottare, a rischio della propria vita, per almeno tentare di realizzare i propri ideali. Foglino in tutto ciò sembra essere sospinto anche da un grande senso di responsabilità verso le future generazioni alle quali lascia sicuramente una preziosa testimonianza storica.
Claudia Crocchianti
(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 47, luglio 2011)
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi