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Anno V, n. 46, giugno 2011
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Biografie (a cura di Fulvia Scopelliti) . Anno V, n. 46, giugno 2011

Zoom immagine Gli anni ’70: epoca
del boom in Italia
di mode e di stragi

di Serena Poppi
Da Laruffa un viaggio socioculturale
in un periodo di grandi mutamenti


Un paese che muta in fretta non è cosa scontata, anzi! Proprio l’Italia è la testimonianza di come una cultura antica di secoli abbia ancora un’influenza preponderante sulla nostra società, che pur adeguandosi ai tempi contemporanei non dimostra di voler abbandonare vecchie  idee e antichi valori nei quali non solo ancora crede ma pone a fondamento di ogni suo mutamento sociale o culturale. Eppure, quanto ha affrontato negli ultimi anni questa nazione ha contribuito a renderla irriconoscibile agli occhi dei suoi abitanti: in un periodo che possiamo circoscrivere agli anni dal 1969 al 1977 si sono avvicendati gruppi eversivi, terroristici e mafiosi che hanno attraversato l’Italia intera, in un viaggio sia geografico che socioculturale.

Il tentativo di raggruppare questi mutamenti, fotografando un periodo storico e includendo, quindi, tutto quanto è successo in quegli anni, è stato fatto da Giusva Branca, autore del libro I giorni  del ragno (Laruffa Editore, pp. 138, € 12,00): un testo attuale, pubblicato nel 2010 che raccoglie informazioni da documenti, articoli di giornale, testimonianze e che propone una visione diversa da quelle a cui siamo abituati, in quanto più che approfondire un singolo episodio, o avvenimento sociale, descrive quali forze siano entrate in campo contemporaneamente, permettendo in tal modo di capire per quali motivi certe istanze oscure e violente, nonché corruttrici, abbiano potuto attecchire così facilmente in una Italia che trae le proprie radici culturali da antichi insegnamenti religiosi, filosofici, che l’hanno posta tra i paesi più civilizzati al mondo.

 

“Rock and roll”

È il ritmo che più caratterizza gli anni ’70, un’epoca in cui le mode non vengono semplicemente seguite, ma impazzano: ogni cosa, dalla musica all’abbigliamento, dal cinema ai mezzi di trasporto,  diventa un must, viene accettato o rifiutato senza mezze misure, grandi imprese diventano vere e proprie icone dello sviluppo economico: gioco facile grazie alla pubblicità (l’indimenticabile carosello) e alla televisione, che ormai ha chiaramente caratterizzato un mutamento sociale vero e proprio.

Ma con lo stesso ritmo si organizzano le stragi comuniste e fasciste, nonché l’attivismo anarchico.

In tali scenari alcune città del sud vivono vere e proprie realtà economiche depresse «E la storia – ma anche la logica ed il buon senso – ha insegnato che quanto più è debole il tessuto socio-economico, tanto è più forte la criminalità». Condizioni di estremo sottosviluppo e nuovi interessi, collegati al denaro, rappresentano «la sigla di testa di nuovi equilibri, nuovi rapporti di forza, più spesso perseguiti a spallate che non figli di naturali mutamenti generazionali di scenario».

Si configurano nuove alleanze tra stato e criminalità che siedono al tavolo comune della massoneria, alla strategia della tensione si sommano tensioni sociali fortissime (dalle università alle fabbriche la lotta di classe spinge la situazione fuori controllo), gli scontri tra clan mafiosi seminano morte e paura in vastissime zone; ma in questi anni, di fragili equilibri per il paese, gioca un ruolo importante la televisione di stato.

La trasmissione delle informazioni è parecchio ingessata, ma alcune novità fanno capolino nei palinsesti, recependo quelle istanze di trasparenza che provengono dalla società, stanca ed arrabbiata per le commistioni fra potere politico, economico e malavitoso.

C’è la tv a colori, ma anche la costruzione della Salerno-Reggio Calabria per la quale ci si trova di fronte ad una ’ndrangheta ormai imprenditoriale; ci sono scioperi e barricate animate da ideali di libertà e democrazia, ma sovrastate dall’odore di auto bruciate, dal rumore di vetrine infrante e dal suono di sirene della croce rossa, impegnata a soccorrere i dimostranti feriti dai lanci di pietre. Ad apparire sul teleschermo sono immagini di persone assassinate per motivi politici, sociali, economici come simboli di una forza che non ha potere alcuno se non quello del terrore, che impiglia le manovre di quanti vogliono liberarsi dal giogo criminale come fa un ragno con la sua tela.

Un testo scritto con cognizione di causa, con una ricerca di fatti documentati e riportati con le relative fonti d’informazione, uno stile giornalistico, che pur si avvicina al racconto per quanti credono ancora che la mafia non esista o sia stata vinta e che sia relegabile a gruppi di persone violente per natura o cultura, ma lontana dalla propria quotidianità. Se certi fatti non sono più approfonditi tra le notizie di cronaca dei telegiornali, è forse perché gli effetti di quegli avvenimenti passati hanno già attecchito nelle nostre coscienze, addomesticandole.

Un autore Giusva Branca, 41enne, avvocato, giornalista e scrittore strettamente legato alla sua città, alla sua regione a cui cerca di dare un volto diverso (di prossima uscita La Calabria spiegata agli italiani), non di luogo isolato e fautore di vite dannate, ma di un luogo dove vengono riversati i mali di un intero paese, che non riesce più a ritrovare la propria identità tra le maglie di un’intricata lotta per conquistare il potere.

 

Serena Poppi

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 46, giugno 2011)

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