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Anno I, n° 4 - Dicembre 2007
La “Questione meridionale”
è ancora tristemente attuale.
Le ragioni storiche e sociali,
e la speranza di un rilancio
di Luisa Grieco e Mariangela Rotili
Il Sud d’Italia in un libro della Rubbettino
attraverso il lento scorrere degli anni...
Il libro di Mario Brunetti, giornalista e meridionalista, L’attualità inattuale. Il rapporto capitalismo Mezzogiorno lungo mezzo secolo (Rubbettino, pp. 314, € 15,00) rappresenta uno studio sociale, politico ed economico del Mezzogiorno d’Italia di altissimo livello, che tocca circa mezzo secolo della storia, travagliata, aggiungeremmo, del nostro paese. Se si volesse, infatti, avere uno specchio dell’evoluzione del nostro Sud, che ancora oggi rappresenta, almeno nelle “promesse elettorali”, la vera priorità del paese, non si potrebbe prescindere da questo testo. Un libro fondamentale essenzialmente per tre ragioni: la prima perché chi ha scritto questo libro sul Meridione d’Italia è Mario Brunetti, il cui intenso studio su tale argomento lo ha portato a essere in questo campo un esperto di primo piano in ambito nazionale. La seconda è legata all’attualità delle relazioni presentate a diversi convegni nell’arco di circa un quarantennio (da circa metà degli anni Sessanta del Novecento fino al Duemila) che vengono raccolte nelle pagine del libro; sebbene, infatti, le stesse siano state volutamente riportate dall’autore esattamente nella loro forma originale, sono incredibilmente vicine alla realtà dei nostri giorni. La terza per la precisione e la dedizione con la quale Brunetti riesce a trascinare il lettore all’interno dell’eterna “questione meridionale”, affrontando, man mano, un problema dopo l’altro e il contesto storico nel quale esso si verifica.
Il problema sempre attuale del Meridione
Prima di tutto analizziamo il titolo di questo libro: l’ossimoro racchiuso in esso «attualità inattuale» sembra riassumere perfettamente le vicende legate alla “questione meridionale”. Brunetti stesso, infatti, utilizzando questa espressione, vuole focalizzare l’attenzione su quanto la priorità Meridione sia sempre stata considerata attuale, ma che allo stesso tempo si traduca sistematicamente in un problema di secondo piano, rimandabile e, di conseguenza, inattuale.
La prima delle relazioni che compongono il libro è quella presentata al Convegno meridionale del 1965 voluto dal neonato Psiup, di cui l’autore era uno dei maggiori esponenti, che mette in risalto diversi aspetti che riescono bene a sintetizzarsi nei rapporti che il capitalismo italiano aveva avuto, e ha ancora, con il Sud del paese. Un tipo di rapporto che si potrebbe ancora una volta, senza voler sembrare eccessivi, sintetizzare con il termine “sfruttamento”: il capitalismo del Nord che “ruba” la manodopera del Sud, una storia trita e ritrita, purtroppo, ma che ancora oggi, a distanza di quasi mezzo secolo, sembra più attuale che mai.
Ma il problema reale consiste nello squilibrio che si crea tra Nord e Sud. Siamo a metà degli anni Cinquanta, la cosiddetta “prima fase” del rapporto tra capitalismo e “questione meridionale”: «Alla penetrazione capitalistica si accompagna, infatti, la decomposizione del vecchio tessuto economico e sociale, di cui la fuga dalle campagne con l’emigrazione di oltre due milioni di lavoratori meridionali sono i tratti più impressionanti. [...] Ma al vecchio equilibrio stagnante non se ne sostituisce uno nuovo a più alto livello. Al contrario, l’avanzata capitalistica alimenta nuovi squilibri all’interno del Mezzogiorno stesso».
Un paese quindi che in questo primo periodo postbellico guarda alla sua rinascita, al suo sviluppo, al suo rilancio economico e sociale, a spese del Meridione.
La “seconda fase” è quella caratterizzata dalla competitività del paese nei grandi mercati internazionali. Un momento certamente positivo a livello economico che rilancia l’Italia, siamo negli anni Sessanta, e a farne le spese è ancora una volta il Sud: la tanto discussa “Questione meridionale” viene di nuovo messa da parte.
Arriviamo così alla “terza fase”, che consiste nell’abbandono del territorio del Sud nel piano di sviluppo del paese e la concentrazione di risorse e attenzioni verso il Settentrione.
Uno sviluppo, così, all’incontrario, frutto del “Piano Pieraccini” della IV Legislatura: un piano di sviluppo economico sbilanciato e che alla lunga è sembrato decisamente inadeguato al raggiungimento di uno sviluppo economico e sociale equo nella Penisola.
Il tutto sembra nascere dall’alleanza tra Pci e Dc, che approva e rende attivo il “Piano”: dalla politica di quel centrosinistra che ancora una volta sembrava non riuscire a percepire i reali bisogni e i concreti punti di sviluppo del paese.
Il Sud d’Italia e il Sud del mondo
Con una visione più ampia del problema si potrebbe anche avvicinare questa “mancanza di sviluppo” del Meridione d’Italia come un problema parallelo, o purtroppo simile, allo sviluppo a livello mondiale.
Una distanza che ormai sembra essere di proporzioni immani.
Una “questione meridionale” che si traduce meglio nell’espressione che va tanto di moda oggi: “questione mediterranea”. Il Nord Europa controlla e gestisce le sue ricchezze: il Sud del continente, quello bagnato dal Mediterraneo, sembra ancora una volta pagarne le conseguenze maggiori e più evidenti.
Ma da esso deve partire il rilancio, dalle potenzialità di questo bacino, dalle frontiere di mercato che esso può offrire.
Il libro di Brunetti, infine, riesce a dare una visione complessiva, attraverso i decenni, e le vicende storiche e sociali, dei problemi legati, ancora una volta, a questo povero e dimenticato Sud.
Carmine De Fazio
(www.bottegascriptamanent.it, anno I, n. 4, dicembre 2007)