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Filosofia e religioni (a cura di Maria Grazia Franzè) . Anno V, n. 45, maggio 2011

Zoom immagine I giovani e la fede:
il rapporto religioso
nella società odierna

di Agata Garofalo
Da Rubbettino, osservazioni e proposte
per riavvicinare una gioventù incredula


È un rapporto difficile, complesso, imprevedibile, quello tra i giovani e la fede. Giovani, quelli del terzo millennio, sempre più “increduli”, lontani dalle riflessioni religiose e restii ad incamminarsi lungo un percorso di vita cristiano. È questo il triste ma innegabile resoconto della situazione attuale, analizzata con sguardo lucido e animo propositivo da don Armando Matteo, assistente ecclesiastico nazionale della Federazione universitaria cattolica italiana, nell’ultimo dei suoi studi sulla fede giovanile: La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede (Rubbettino, pp. 114, € 10,00). Mentre nei lavori precedenti Matteo si era interessato alla sorte del cristianesimo nell’età postmoderna, ora si concentra sull’urgenza di svecchiare la chiesa per restituirla alle giovani generazioni, ormai disinteressate, anzi, allontanate dalla sua rigidità. È un argomento molto delicato e complesso, affrontato in questa breve opera con coraggio, attenzione e coinvolgimento.

 

L’analisi e le argomentazioni

Aprendo il suo saggio con una serie di interrogativi, l’autore si chiede se la chiesa sia davvero cosciente della drammaticità della situazione e della basilare importanza di agire immediatamente per riportare i giovani su un cammino di fede. Non è vero che ci sono problematiche più urgenti, chiarisce fin da subito Matteo, perché tutte le altre priorità derivano da questa o vi sono correlate. Deve essere la comunità ecclesiastica ad andare incontro ai giovani, ascoltarli, investigare i loro bisogni, perché se ai giovani non interessa la chiesa, è innanzitutto perché alla chiesa non interessano i giovani. Nel cammino per un futuro di speranza, tutta la struttura e collettività ecclesiale deve essere con e per loro.

In un saggio agile, pratico e semplice nel linguaggio e nelle immagini evocate, spesso legate alla contemporaneità e alla quotidianità, l’autore analizza dettagliatamente e con passione i motivi dell’inasprimento del rapporto tra i giovani e la fede, parlando in termini attuali e giovanili, tenendo anche presenti le nuove dinamiche d’integrazione, compresi i social network. Il suo discorso è quindi dichiaratamente circoscritto nell’ambito “occidentale”. Matteo parla di chiesa europea, di giovani europei, poiché, al contrario, in America Latina, Africa e Asia la chiesa attraversa un momento florido, di forte espansione.

In un secondo momento il libro si sofferma sulla parola “giovinezza” e tutto ciò che essa comporta: le differenze col mondo degli adulti, i cambiamenti storici e sociali del concetto di gioventù nel secolo passato ed in quello in corso. Si scopre così che il problema di base è tra giovani e adulti: la progressiva, preoccupante, chiusura del dialogo intergenerazionale. Eppure, si potrebbe contestare, gli adulti hanno dato tutto alle nuove generazioni, non gli manca proprio nulla. Ma è solo apparenza. I ragazzi di oggi hanno a loro disposizione tante comodità, oggetti e realtà virtuale, gli manca però il futuro, la possibilità di costruirselo e gestirlo da soli. Hanno tante cose, è vero, ma la loro è una crisi dell’anima.

 

Le proposte concrete per una chiesa giovane

Negli ultimi quattro secoli la chiesa è intervenuta nelle battaglie culturali più importanti sempre in ritardo e sulla difensiva, «un andirivieni tra condanne e piccole aperture. – ammette Matteo – mentre il mondo cambiava radicalmente». In questa battaglia, qui e ora, se si ha davvero a cuore il destino del cristianesimo europeo, bisogna intervenire subito e in modo deciso. Per questo motivo, nell’ultima parte del saggio, l’autore propone alcune iniziative concrete che possano avviare un serio dibattito volto a riavvicinare al cristianesimo gli esponenti de «la prima generazione incredula dell’Occidente».

Ecco alcune delle proposte avanzate: c’è bisogno di un alleggerimento dell’apparato ecclesiale ed ecclesiastico, di incentivare una fede creativa, di attirare i giovani utilizzando i loro stessi linguaggi, artistici ed informatici. Usare i mezzi di comunicazione giovanili è indispensabile per entrare nella loro quotidianità, perché la fede non resti una serie di tappe da compiere una tantum nella vita. Le parrocchie, inoltre, devono essere laboratori dove si impara a credere e pregare, non luoghi di «esercizio della fede», che presuppongono in coloro che li frequentano una previa conoscenza dei dogmi e delle tecniche di preghiera ed una fede già indiscutibile.

Sono innovazioni da introdurre nell’immediato, insiste Matteo, altrimenti «la Chiesa è destinata a scomparire, almeno in Europa». A farsi carico dei giovani non possono essere solo la famiglia o la scuola, deve divenire un impegno totale di tutta la comunità, affinché il cambiamento comprenda l’intero assetto culturale, sociale ed economico della società.

In definitiva, ci vuole un «interesse genuino, fatto di risorse, di spazi, di tempi da destinare a questa prima generazione senza Dio e senza futuro», ma sulla quale vale la pena di scommettere.

 

Agata Garofalo

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 45, maggio 2011)

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