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A. XVIII, n. 206, dic. 2024
Mussolini: nascita
dei fasci littori
e stampa inglese
di Guglielmo Colombero
Da Edizioni del Poggio lodi e critiche
della stampa straniera sul Fascismo
«Circa 18 mesi fa, allarmati dalle agitazioni bolsceviche e comuniste, i patrioti della nazione si unirono in una organizzazione che essi stessi chiamarono Fascismo, per combattere questi elementi sovversivi e opporre la forza alla forza. Il signor Mussolini è il fondatore di questo movimento che prende il nome dalla parola latina fasces, che sta a significare il simbolo dell’unità che fa forza».
Questo è l’incipit della lunga intervista di Benito Mussolini che, pochi mesi prima della Marcia su Roma, concesse a Beaumont, accreditato corrispondente del Daily Telegraph in Italia.
Questi è uno dei tanti giornalisti britannici ammiratori di Mussolini, fino al punto da esaltarne la figura con aggettivi esorbitanti, quali: «pensatore», «gentleman», «uomo di valore», «valoroso patriota», «guida», «mentore», «uomo di prudenza, giudizio e moderazione», «leader destinato a diventare grande». Un’apologia sfrenata, un fiume in piena di adulazioni talvolta spudorate, al limite dell’incontinenza verbale.
L’articolo di Beaumont, infatti, destò un notevole scalpore nell’opinione pubblica del Regno Unito, suscitando polemiche interminabili tra gli ammiratori e i detrattori del futuro Duce.
Prendendo le mosse proprio da questa storica intervista, Alessandro Foresta, giovane giornalista campano, articola la sua indagine riguardo a come la stampa britannica considerava il fascismo, nel saggio Stampa inglese e fascismo. Traduzione letterale di oltre 70 articoli pubblicati su quotidiani e riviste specializzate inglesi (Edizioni del Poggio, pp. 166, € 12,50), basandosi su una serie di articoli estratti dai più prestigiosi e diffusi quotidiani e periodici del Regno Unito: Daily Express, Daily Graphic, Daily Herald, Daily Mail, Daily News, The Daily Telegraph, Manchester Guardian, Morning Post, Observer, Pall Mall Gazette, Sunday Express, Sunday Pictorial, The Nation & the Athenaeum, The People, The Times, The Westminster Gazette.
Il periodo preso in considerazione, quello tra l’estate del 1922 e il gennaio del 1925: dalla vigilia dell’avvento al potere di Mussolini fino al discorso tenuto pochi mesi dopo il delitto Matteotti, che segna il definitivo passaggio da un governo autoritario a una vera e propria dittatura.
Pensatore, valoroso patriota, mentore
Secondo Beaumont, quindi, l’orizzonte politico di Mussolini appare splendidamente illimitato. Una volta definito il fascismo come la più «geniale, generosa, valorosa manifestazione delle aspirazioni dell’idealismo e del patriottismo italiano degli ultimi anni» il giornalista britannico si sofferma sulla meritoria azione di contrasto delle Camice nere contro il Bolscevismo: «Vidi pazzi che nel nome di Lenin commettevano le più barbare azioni. Tutto questo ora è passato grazie a Mussolini e alla sua galante brigata di fascisti».
Appare evidente che un giornalista che definisce come galanteria l’intimidazione, il pestaggio e l’assassinio degli avversari politici ha un punto di vista indubbiamente assai benevolo verso le ideologie totalitarie. Secondo questa ottica, il fascismo recluta «la parte sana della popolazione e gli spontanei ed eroici ex-combattenti e patrioti», e le sue finalità politiche sono «il mantenimento delle istituzioni liberali, la restaurazione della pace, dell’ordine e della disciplina, la fine della stupida propaganda dell’odio di classe».
Detto, fatto; in pochi anni Mussolini sradicherà dalle fondamenta la democrazia in Italia e col negare la lotta di classe, sopprimendo ogni forma di libertà sindacale, egli trascinerà il Paese in una guerra catastrofica al fianco di Hitler. Sotto questo aspetto, le parole di Beaumont assumono il sapore di una sinistra profezia.
Brutali, insolenti, crudeli
Ben differente, e assai più documentata sui fatti concreti, è l’analisi che traspare dalle pagine del Times, all’epoca diretto da Wickham Steed, un intellettuale di autentico stampo liberale, fiero e indipendente: «I fascisti hanno minacciato gli organi di stampa con azioni tanto brutali da arrivare a bruciare gli uffici dei giornali e distruggere i macchinari. La gente è a conoscenza della loro insolenza e della loro crudeltà manifestata soprattutto nel Nord dell’Italia. Migliaia di persone sono state trascinate via dalle loro case e costrette a non farvi più ritorno. Sindaci, prefetti, ufficiali di ogni genere sono costretti a dimettersi dalle loro cariche. I magistrati che avevano osato punire i fascisti sono stati presi e bastonati. La tirannide dell’organizzazione fascista è completata ed essa è una brutale e intollerabile tirannide».
Lucidissima l’analisi di Steed sull’intreccio di connivenze sociali che favorisce la scalata al potere di Mussolini: «Capitalisti, industriali e proprietari terrieri si convinsero di aver trovato un’arma non solo contro il Bolscevismo, ma contro qualunque sindacato. […] Quasi tutti i negozianti erano con i fascisti perché volevano la delibera dalle oppressive tasse riscosse a causa delle riforme sociali. L’appello all’orgoglio e alla vanità nazionale fece il resto».
Su questa scia si immette anche il Daily Herald, il quotidiano forse più a sinistra nel Regno Unito, che afferma: «Se è facile conquistare il rispetto di un paese con l’uso del bastone, risulta estremamente difficile mantenere questo stesso rispetto senza una politica adeguata».
Proseguendo poi in una disamina spietata del totalitarismo mussoliniano, di cui mette a nudo la natura bestiale e feroce, aggiunge: «Il Fascismo è terrore e dispotismo a casa e guerra fuori, e si sta pericolosamente estendendo dall’Italia a tutta l’Europa centrale. Anche in Gran Bretagna c’è aperta ammirazione per le camice nere e i loro metodi. Dagli omicidi alle torture, dagli incendi ai saccheggi, le squadre di Mussolini hanno imposto all’Italia un terrore bianco armato. Hanno distrutto il Governo parlamentare e hanno innalzato il loro leader, un uomo il cui cervello è così squilibrato quanto imperioso, trasformandolo in dittatore. Hanno abolito ogni libertà di parola e non permettono alla stampa di lavorare. Hanno sostituito ad un’imperfetta democrazia una brutale e grottesca tirannide».
Ugualmente il Manchester Guardian, voce del liberalismo radicale inglese, commenta: «Il bollettino fascista arrivato nelle redazioni dei giornali sembra quello di un esercito invasore in un territorio nemico». Appare diametralmente opposto il giudizio del Morning Post, di orientamento nettamente più conservatore: «Con il loro coraggio i fascisti hanno acquistato un’adesione straordinaria. Non soltanto essi hanno spezzato l’arma dello sciopero politico, ma anche sconfitto il terrorismo della plebaglia».
Patriottismo pervertito e imperialismo da operetta
Radicalmente critico nei confronti del fascismo trionfante si mostra il Daily News, quando sottolinea con venature sarcastiche il colossale bluff propagandistico, allestito da Mussolini per suggestionare un popolo culturalmente debole (e quindi facilmente manipolabile), quale quello italiano: «i fascisti hanno sconvolto ogni autorità dello Stato, hanno terrorizzato tutti i partiti che si differenziano dalla loro politica, hanno distrutto la Costituzione con l’uso delle armi, hanno proclamato una definitiva dittatura. È troppo presto per predire le piene conseguenze di questi atti di pericolosa follia. Come espressione di pervertito patriottismo e di eccessiva vanità nazionale, l’azione fascista senza dubbio intendeva accendere la passionalità incontrastata del popolo italiano e convincere la gente della possibilità di fantasiose avventure imperialiste». E ancora: «Non c’è da meravigliarsi ora se gli italiani non riescono a percepire la differenza tra il bolscevismo e il fascismo. I fatti, se non proprio le parole, dell’uno sono riscontrabili nell’altro».
Dopo l’esonero del direttore Steed, allontanato su pressione degli ambienti più conservatori, irritati dal suo intransigente antifascismo di genuina impronta liberal-laburista, l’autorevole Times cambia rotta e si lancia in una descrizione quasi apologetica del Duce, che ne evidenzia anche il carisma esteriore: «Egli ha un largo, strano naso, occhi penetranti, e una grande testa con i capelli spazzolati dietro la sua grande fronte. La sua enorme struttura sembra ancora più impressionante nell’uniforme ufficiale. Per la forza del personaggio e la personalità, l’uomo è straordinario».
Svolta reazionaria condivisa anche dall’Observer, giornale prestigioso da sempre schierato in difesa della democrazia parlamentare: «Mussolini è l’italiano degli italiani, è uno di quegli uomini che la penisola produce a rari intervalli per esprimere la quintessenza delle aspirazioni nazionali».
Il Paladino Nero contro il Dragone Rosso
Nel panorama variegato del giornalismo conservatore britannico spicca il Daily Mail, che, grazie all’estro letterario del pubblicista sir Percival Phillips, giunge ad esaltare la figura di Mussolini fino a trasformarlo in una specie di eroe mitologico del XX secolo: «Il Dragone fu ucciso e il valente cavaliere che altri non era che il figlio di un fabbro di villaggio diventa il Ministro del re. In verità il Dragone non fu ammazzato: fu ridotto all’impotenza. Il Bolscevismo anziché essere un vangelo imposto a operai indifesi con bestemmie e con minacce, è oggi tutt’al più un culto segreto. Un atto pubblico di slealtà è oggi in Italia una forma di suicidio. Non più i soldati vengono sputacchiati per le strade, l’uomo che volesse schernire la bandiera italiana dovrebbe prima fare testamento».
E di analogo tenore sono gli scritti di James Murphy, ospitati dal settimanale Fortnightly Review: «il servizio più grande per la Nazione il Fascismo lo sta compiendo dando al cittadino la giusta nozione di dovere».
Ben altra penna sul Daily News disperde la cortina fumogena del mito fascista e si pone un inquietante interrogativo: «Mussolini è un grande dominatore o un uomo mascherato che nasconde dietro i suoi occhi impenetrabili l’arma della violenza e dell’inganno?». E conclude: «il fascismo e la violenza sono ormai una parola sola […] La crepa fatale del Fascismo è che esso poggia essenzialmente sulla violenza. Esso eleva l’intolleranza a dottrina e dovere, e facendo così sugella il suo dogma finale».
Purtroppo, sul versante liberale, persino dopo l’atroce delitto Matteotti il Times continua a indicare Mussolini come il minore dei mali: «rappresenta in questo momento, anche dopo l’omicidio barbaro del signor Matteotti, l’unica alternativa vera a se stesso. Nessuno è in grado in Italia di sostituire l’attuale Premier a causa di una crisi politica che dura ormai dalla fine della guerra».
Alla vigilia del discorso del 3 gennaio 1925, con cui Mussolini si assumerà “la responsabilità politica, morale, storica” del delitto Matteotti, annunciando tronfio e tracotante, con i pugni contro i fianchi, la fine della democrazia in Italia, il Daily Telegraph profetizza: «Nell’impossibilità di un licenziamento di Mussolini, l’Inghilterra non può che sperare in una sua presa di coscienza anche se, essendo costretti ad “ammirare” ciò che egli ha fatto in precedenza, risulta difficile pensare che questo possa accadere in breve tempo e che le nuvole possano davvero aprirsi sul cielo d’Italia».
Guglielmo Colombero
(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 45, maggio 2011)