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Filosofia e parole
idee sul mondo
pensieri sulla storia
di Pasquale Romano
Da DeriveApprodi, un saggio filosofico
affronta i concetti di pubblico e privato
All’interno delle riflessioni dei pensatori e in genere di chi si è occupato della società come struttura, sono emerse delle linee interpretative che hanno indagato il senso politico di concetti come “comunità”, “comunicazione”, “comune”, termini uniti non solo da una radice etimologica.
Se “ri-pensare” il politico vuole significare riproporre la questione della pluralità umana, “com-parire” nell’insieme, gli uni accanto agli altri, la definizione di “comunità” come “luogo di comunicazione in cui si condivide il comune” appare subito come caratterizzata dall’errore. Il saggio di Fausto De Petra Comunità, Comunicazione, Comune (DeriveApprodi, pp. 228, € 20,00) si presenta come un contributo alla riflessione della decostruzione dei paradigmi che caratterizzano il senso politico. Infatti, nell’accezione corrente, il comune sembra caratterizzarsi dal trionfo dell’individualismo nella versione di mero affare privato.
Allontanarsi da questa premessa vuol dire avanzare una critica del soggetto e dell’individualismo, traendo i significati e le corrette valutazioni dagli orrori disseminati nel corso della storia passata e di cui si ha memoria.
Le frontiere che l’Occidente vuole difendere – opulenza, nuovi comunitarismi, supposte identità – ricorrendo all’uso sistemico delle violenze, si palesano nella loro nudità. Alcuni dicono che è una “società della paura”, costituita da un timore che fa appello a passioni distruttive e ricorre sempre più spesso ad elementi pre-razionali. In ogni caso, se si vuole, “terreno” su cui s’innestano le politiche comunitarie, ma che coinvolge, anche, il dasein (“l’esser-ci” Heideggeriano) dell’uomo, l’essere che lo rende altro dagli altri.
Kairòs: il fra-tempo dell’attesa
Nel lavoro di ricerca di De Petra assume una rilevanza evidente, analizzando il pensiero di Bataille, il passaggio dal “comune” alla ricerca del “sacro”, dimensione quest’ultima, in cui è visibile il fondamento di ogni legame sociale. Nella terminologia di Bataille, è il nucleo del concetto di dépense il quale a sua volta rimanda a una logica del segreto centrale per comprendere lo spirito a-politico che caratterizza il concetto di “comunità”.
La comunicazione, dopo la fase di analisi e le aporie della comunità, si è configurata come una scommessa, una messa in questione della soggettività. Allora ci si chiede: ci si deve rassegnare all’uso e all’abuso di (e della) comunicazione intesa come strumento di produzione di desideri mercificati?
La condizione – la relazione dei concetti in gioco – va ridefinita come condizione pre-ontologica, anteriore al “discorso sull’essere”. Se dunque il “comune” deve essere messo in gioco, la comunicazione esplode oltre i confini e i limiti, rivendicando la sua natura aperta, portando di fronte al kairòs, il fra-tempo dell’attesa, e non più nel krònos, il tempo logico e sequenziale.
La comunicazione si configura come un processo senza soggetto, esposizione al contagìon, prodigalità dell’essere che dispone all’incontro, al con-loquium; l’essere sociale non può essere ricondotto semplicemente ai termini di società o socialità.
Invece, secondo Bataille, e come riportato da De Petra, è il concetto di chance che fa accadere la singolarità nell’esistenza, esponendola alla libertà di senso, ad un non-sapere che, se da un lato è misura della finitezza singolare, dall’altro rivela le “possibilità” nel rapporto con gli altri.
Come ri-proporre la questione del comune, dopo l’affermarsi della comunicazione rapace e priva di scrupoli, di cui i regimi totalitari hanno fatto ampio strumento di consenso? Riproponendo il comune come concetto liquido che attraversa il confine tra individuo e collettivo.
La riflessione di Bataille verso il sacro
È negli anni fra il 1935 e il 1936 che la riflessione di Bataille si concentra verso il “sacro”; una riflessione in cui da un lato vi è la consapevolezza che oramai un esito rivoluzionario positivo è impossibile e dall’altro, forse in risposta a questa stessa consapevolezza, emerge l’esigenza di analizzare le dinamiche in atto nelle strutture sociali.
L’analisi dei sistemi totalitari spingeva l’analisi batailleiana a valutare le reali possibilità di esistenza di un movimento organico che potesse fare propri gli strumenti comunicativi attuati dal fascismo. A questa esigenza, faceva riscontro l’idea su una possibile riattivazione dei “movimenti funzionali emotivi”. Se da una parte le politiche del periodo non ammettevano esperienze eterogenee che si allontanassero dai dogmi del comunismo, dall’altra parte non era possibile fare riferimento esclusivo alle esperienze sorte dall’attività delle Avanguardie storiche. Tuttavia, la critica alle democrazie resta sempre all’interno di una netta opposizione a qualsiasi tentazione totalitaria.
Se la politica sembrava ridurre il politico a una “macchina” burocratica in cui non si riusciva a concettualizzare “l’origine sacrale del potere”, la ricomposizione del tessuto sociale operata dal fascismo si rivelava come la più deprecabile forma di repressione militare. Nel moderno, questa analisi, si realizzava in un processo di desacralizzazione che andava completandosi nella forma-Stato liberal-democratica dalla quale, per negazione, sarebbero sorti i regimi totalitari.
In Bataille, d’altra parte, il politico è concepito come fenomeno sociale “totale”, dunque anche elemento religioso, che nella sua ambiguità esprime una prossimità al concetto di comunità.
In gioco c’è un concetto centrale, quello di dépense, alla cui elaborazione contribuiranno non solo elementi della filosofia di Nietzsche, ma anche il “divenire” di Eraclito e l’ebbrezza mitologico-sacrificale di Dioniso. Anche Sǿren Kierkegaard avrà influenza sul filosofo francese, laddove, in particolare, analizzerà l’”essere politica” come movimento religioso.
Dunque, un oltrepassamento del politico; il religioso – nel significato assunto – non ha connotazioni teologiche ma va inteso in chiave ontologico-esistenziale, propriamente come “slittamento di senso"[controllare].
De Petra sottolinea come per Bataille l’impossibile sfida fosse quella della comunità e di un recupero della “totalità perduta” (con cui si poteva fondare un autentico legame sociale).
Il rapporto di Bataille con la modernità, allora, si può riassumere in concetti come apogeo, crisi, esistenza sociale.
Il concetto di “crisi” al fondo del moderno
Un doppio movimento rivelava l’indebolimento delle istituzioni che regolavano la società medievale: la sovranità regale e la sovranità divina. D’altra parte l’individuo emergeva a spese della società. Queste due dinamiche configuravano un’esperienza della modernità come processo di crisi che metteva in questione la possibilità stessa del moderno.
La destrutturazione del sociale, nel momento in cui la razionalità tecnica non garantisce più la tenuta del legame sociale, genera, quasi per paradosso, le condizioni di recupero del “mondo perduto”; in questo frangente la società cerca di ritrovare una propria coesione interna ricorrendo agli elementi del passato. Dinamica nostalgica che si pone come negazione dell’autenticità della comunanza sociale, ma che conduce alla ricomposizione della struttura militare ed alla costituzione di apparati di potere autoritario.
Di fronte a tali processi sociali, le proposte di Bataille si riassumono in due soluzioni: una che vede nella comunità tragica, di matrice nietzschiana, la formazione di un legame di fraternità (riunione degli uomini sotto il segno del “tragico” di derivazione mitologica); l’altra, la ricomposizione dei valori sacri, attuata dal fascismo.
Del resto il recupero del mito è una delle caratteristiche della comunità in Bataille – mito inteso come ricreazione simbolica dell’essere della (nella) società – ma anche mito nella comunità che attiva una radicale sfiducia verso la democrazia.
Senza sfiducia, tuttavia, non sarebbe possibile la ricerca del fondamento comunitario; tale ricerca induce Bataille ad investigare nel mito, nel sacro, finanche nella morte stessa, i soli elementi in grado di fondare il legame sociale.
Implicita è la critica all’individualismo: l’assunto teorico da cui muove l’esigenza comunitaria è nell’insufficienza dell’individuo.
La complessità dell’analisi di Bataille, così come si presenta nel lavoro di ricerca di De Petra, si rivolge alla richiesta di attenzione particolare verso l’esigenza di ricomporre il sociale, unica soluzione di fronte agli abomini che il totalitarismo nazifascista attuava senza tregua. L’elemento “comuniale” si materializzava nel “movimento d’insieme” che avrebbe dovuto “scaricarsi” all’interno e attraverso la società. Concezione che allontana dall’idea della società come struttura artificiale che segue un’ideale solitudine individuale nel pre-politico e allo stesso tempo lontana dalla concezione di Hobbes e Rosseau in cui essa è vista come contratto.
Pasquale Romano
(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 44, aprile 2011)
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi