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Home Page (a cura di Tiziana Selvaggi) . Anno I, n° 4 - Dicembre 2007

Zoom immagine Il giallo italiano
in una Bologna
segreta e reale

di Ennio Masneri
I delitti della terza via: viaggio tra le tinte
oscure e nascoste di un “semplice” uomo
in un romanzo Edizioni di LucidaMente


Quando si legge un giallo si ha sempre, da parte del lettore, il desiderio appassionante e appagante di indagare e risolvere misteri, attraverso i vari indizi e i moventi disseminati e nascosti dall’autore del giallo stesso, inclusi quelli sull’animo dei personaggi, al fine di sondare la mente umana descritta sulla carta e di scoprire il colpevole di quello o di quell’altro delitto. A volte ci si immedesima perfino in quest’ultimo, o, al contrario, nel detective o nel commissario di turno o addirittura nella dolce vecchietta di “christiana” memoria.

Nel libro, pubblicato da Edizioni di LucidaMente/inEdition (pp. 184, 14,00) e dal titolo misterioso ed enigmatico, I delitti della terza via del bolognese Davide Piazzi, invece, già dalle prime pagine noi, inconsapevoli lettori, non diventiamo subito un tutt’uno con l’assassino di turno per sondarne la mente e infine capire la sua crudeltà psicopatica o con l’immancabile vittima per esserle vicini, in una sorta di legame misto di solidarietà e pietà, oppure con il classico e buon investigatore dall’aspetto duro o bonaccione o tutto sigarette e whisky o con il commissario con tanto di pipa di altrettanto simenoniana memoria. I personaggi di questo romanzo fanno la loro parte, non come burattini, nel giusto e spontaneo bilanciamento nella lotta tra il bene e il male, quest’ultimo sotto forma di malattie mentali nascoste, di orrori, di inarrestabili ed efferati omicidi effettuati per il solo piacere egoistico di farli. Ma nessuno di loro è il protagonista principale. E noi, nostro malgrado, ci troviamo ugualmente in mezzo.

Ad una lettura attenta, ci imbattiamo subito nel vero protagonista, un essere invisibile agli occhi di sconosciuti eppure visibile in tutti i giorni della vita agli occhi degli altri personaggi. È la città di San Petronio, Bologna, dove appunto è ambientata questa storia.

 

L’autore e Bologna, il lettore e i personaggi: una guida nell’animo umano

Il lettore appassionato si immedesima in una città raccontata con toni crepuscolari, quasi romantici, con sfumature delicate, che nasconde segreti, illusioni, come pure gli orrori della vita quotidiana e reale. È la città che fa da padrone a tutto, con le sue vie, le sue strade, i suoi angoli bui e minacciosi, le sue piazze, i suoi monumenti (come la statua di Nettuno, il dio dei mari, posta – fa notare l’autore – in una piazza di un centro abitato distante un centinaio di chilometri dal mare…), ma soprattutto con la sua aria carica di tensione, di amarezza, di cose nascoste, sconosciute e conosciute, ma troppo imbarazzanti da riferire a tutti. Un’aria a volte pericolosa che potrebbe portare chiunque alla depressione, ma che, eppure, sa risollevare l’umore ai suoi stessi abitanti, le vere vittime silenziose di quei segreti. Vittime della vita quotidiana, sono persone normali, con menti normali, che vogliono uscire dalle loro gabbie che solo una minoranza di persone malate e malefiche vuole rinchiudere. Sono uomini con una propria voglia di vivere, di risalire la china e di lottare per vincere contro chi, nel terrore e nell’orrore – “nel segreto dell’orrore”, direbbe un poeta –, ci vive e ci sguazza come un bambino capriccioso quando usa gli altri come giocattoli da torturare.

La matassa, già all’inizio, si fa ingarbugliata per poi dipanarsi man mano che si arriva alla fine.

Piazzi, nel suo primo romanzo giallo – una sorta di esperimento, diciamo –, ha saputo usare uno stile capace di stuzzicare, in ogni pagina che si sfoglia, in certe sfaccettature problematiche, in certi emozionanti sviluppi, in varie sfumature dell’incontrollabile animo umano, la nostra curiosità e, in certi casi, la nostra voglia di essere superiori nei confronti dei cattivi, fondendoci nella vittima, nel carnefice o nell’investigatore, che fa, nella trama, da coprotagonista alla città felsinea.

Egli, Piazzi, racconta Bologna. Non ne fa una mera descrizione da guida turistica come se ci volesse portare tra i meandri, le strade buie e le periferie emergenti della città, ma la descrive come se fosse una persona in carne e ossa. Una persona forse triste e malinconica ma che possiede una forza benefica dentro di sé, sopita e pronta ad esplodere: «Il vento cambiò direzione e alle sue orecchie arrivò il lontano brusio della città. Non era il rumore delle automobili, di traffico […]. Era piuttosto un brontolio sordo, un sommesso e garbato rimprovero alla sua intenzione di gettare la spugna. Un alito di fiato con il quale dignitosamente chiedeva di non essere abbandonata al proprio destino. […] Un nuovo soffio di vento caldo arrivò ad abbracciarlo».

E così l’autore ha saputo raccontare l’anima di ribellione di questo luogo, in quanto ci è nato e ci vive ancora. Si rende testimone di un’analisi psicologica sia dei personaggi della trama, che possono essere benissimo chiunque nella vita reale, sia di Bologna stessa.

Piazzi sa di cosa ha bisogno il lettore. Sa che lui ha bisogno di nuovi stimoli e quindi imbastisce una storia aggrovigliata. Lo spinge a fondersi, facendogli leggere le sue righe, nella mente disperata della vittima o in quella perversa dell’assassino. Lo tiene per mano e lo porta, come un esperto Virgilio, tra i gironi di una sorta d’inferno dantesco, gettando qua e là qualche spunto storico per spiegare i motivi di questa o di quella struttura, qualche descrizione di luoghi nascosti come i sotterranei della città, e aggiunge pure un po’ di ironia e di autoironia tanto per sciogliere quanto basta la corda, per allentare la morsa di tensione che attanaglia il lettore per poi riprenderlo in quella strada fantastica dell’analisi delle caratteristiche dell’animo umano senza per questo ridurre la suspense.

È un mix di azione, di sentimento, di ambienti malinconici, di storie parallele, di misteri che si dipanano, si aggrovigliano ancora per poi risolversi in soluzioni inaspettate che potrebbero sorprendere chiunque. È come un film, un thriller hollywoodiano, e l’autore è un regista che offre tutta la sua attenzione alla fotografia, alla scenografia, ai dialoghi e ai costumi. Costruisce, o meglio crea, e scava nell’animo umano. Ci scava e ne cerca le angosce, le ansie, gli orrori, i perché delle violenze psicopatiche, ma anche le speranze – quelle vere, non le false illusioni – di chi cerca di sopravvivere, in una lotta quotidiana, a questi dolori.

 

La trama del romanzo

È una vicenda ambientata nell’inverno del 2005 ed incentrata su una mente malata perversa e sul suo percorso. Una psicosi amante degli snuff movies – orrendi filmati di violenze e torture reali che culminano spesso nella morte della vittima (pratica che, storicamente parlando, risale all’antica Roma con i gladiatori, le naumachie o le esecuzioni vere in diretta all’interno di tragedie teatrali). Così lo scrittore dà il via a un intreccio sapientemente costituito da incastri. Egli, inoltre, parla del passato di quasi ogni personaggio per aiutarci ad indagare meglio e per dare maggiore suspense alla storia stessa.

Chi è il colpevole? Chi è l’amico e chi il nemico? Chi può essere il traditore e il tradito? Queste sono solo alcune delle domande che ci siamo fatti quando abbiamo sfogliato le pagine di questo romanzo giallo.

E, quando una storia finisce, ne inizia un’altra, sempre col capoluogo emiliano come protagonista.

Non riveleremo come si conclude la ben ordita trama di questo libro, tanta è la tensione provata, i brividi che si sentono salire lungo la schiena man mano che la trama si fa sempre più fitta, da non pentirsi di averlo letto tutto d’un fiato. È un libro che terrà attaccati alle sue pagine gli occhi di un lettore attento ed amante del genere “giallo”. Sarà il lettore stesso a scoprire se la storia finisce bene o male. Sarà lui che dovrà cercare le risposte che possano risolvere quelle domande che diventeranno ben presto sue e di sicuro troverà alla fine i riscontri tanto agognati.

 

La vera città degli Asinelli

Badi, però, il lettore. L’autore, con questo esperimento molto riuscito, e di sicuro non il primo, non vuole parlare male di Bologna. Si fa carico della testimonianza di chi, vivendo la propria vita, scopre, magari involontariamente (in famiglia, tra gli amici, nei condomini), quei mali nascosti, quelle crudeltà irrazionali, che non avrebbe mai voluto scoprire tanto forte è il dolore.

Piazzi intende delineare nelle sue caratteristiche migliori una città che, come tante altre, avrà, sì, scheletri nell’armadio, ma che è soprattutto un luogo affascinante, misterioso e conosciuto finché si vuole, senza pregiudizi, un luogo operoso che esiste realmente e che vuole vivere e sopravvivere al di sopra degli orrori che esistono dappertutto, oltralpe e nel mondo.

Un topos che, insomma, tiene e vuole trattenere quello stesso calore umano che il lettore di sicuro possiede. Un calore capace di uscire fuori dalla nebbia, da quella nebbia opaca e nera dei pochi adoratori del male e del terrore, di distruggerla e di abbracciare gli ideali sinceri dei suoi veri protagonisti quotidiani e fantastici.

 

Ennio Masneri

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno I, n. 4, dicembre 2007)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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