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Biografie (a cura di Fulvia Scopelliti) . Anno V, n. 43, marzo 2011

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attraverso l’analisi
delle fonti locali

di Alessandro Randone
Da Città del sole un saggio sintetico
sui mutamenti continui della storia


L’esperienza insegna come talvolta le scoperte in ambito scientifico siano compiute non da addetti ai lavori ma da semplici dilettanti, intesi non in senso negativo, ma semplicemente come non professionisti del settore. Salvatore Giacco, architetto, ma anche appassionato di storia, ha inteso pubblicare il suo scritto per tutti coloro, anche alle prime armi, che mossi da interesse per la ricerca sulle fonti calabresi volessero studiarla in modo serio e offrire un contributo alla sua crescita. In particolare il quarto capitolo, quello specificatamente più tecnico e documentario, offre spazio all’intento programmatico dell’autore, espresso attraverso le parole di March Bloch nell’Apologia della storia o mestiere di storico: «Uno dei più difficili compiti dello storico è la raccolti dei documenti di cui ritiene di avere bisogno. Non potrebbe riuscirci senza l’aiuto di guide diverse». In Fenomeni urbani e territoriali in Calabria (Città del sole edizioni, pp. 80, € 10,00) sono enumerate le più importanti risorse da cui uno studioso dovrà attingere per svolgere un lavoro attendibile e serio: Archivi statali di epoca murattiana, da consultare assieme alla toponomastica; Archivi dei vescovadi dal ’500 al ’600 (epoca della diffusione delle parrocchie); opere di letteratura, quelle inserite nel testo sono basate su fonti contemporanee o antiche, inclusi Strabone e Plinio, e comprendono iconografia locale e carte geografiche. Alcuni dei titoli elencati sono il De Antiquitate et situ Calabriae di Gabriele Barrio, e Il Regno di Napoli in prospettiva dell’abate Giovan Battista Pacichielli. L’ultima fonte nominata nel capitolo sono gli Annali civili delle due Sicilie, redatti tra il 1833 e il 1859, che descrivono opere pubbliche, scoperte archeologiche e studi geologici compiuti fino a quel tempo, preziosi per  il loro valore documentario. In conclusione di capitolo, è nominato l’ultimo strumento di lavoro dello storico: la toponomastica, utile perché spesso, grazie all'indizio fornito da un nome, siti non più riconoscibili possono essere indagati e riscoperti nelle loro componenti architettoniche più antiche.

 

Un manuale arricchito da note di storia regionale

Sarebbe limitativo fermarsi alla sola analisi della parte didattica del libro: i primi tre capitoli infatti, pur se destinati a costituire supporto integrativo e non argomento principale, riescono ad acquisire una propria dignità, in virtù degli spunti aneddotici in essi contenuti. Elencandone brevemente i temi trattati, ecco una panoramica storica sugli insediamenti in Calabria, le sue vie di comunicazione, le sue condizioni economiche dall’Epoca romana fino all’Unità d’Italia. Il lettore curioso troverà interessante sapere che le strade consolari furono riprese da Carlo III di Borbone, per creare un movimento di derrate alimentari verso la capitale del Regno di Napoli, o che la ferrovia che collegava questa città a Portici alla sua nascita era lunga poco più di 2.000 km, contro i quasi 17.000 delle ferrovie della Gran Bretagna, o ancora che i primi censimenti della popolazione venivano effettuati dai monaci,— gli unici al tempo autorizzati a spostarsi per il territorio liberamente — contando i “fuochi”, cioè il numero di famiglie presenti sul territorio. E ancora, nei cenni sulla toponomastica verrà a sapere che “guardiola” identifica un sito d’avvistamento in epoca d’invasioni arabe o che “Spartà” non si riferisce a un sito d’insediamento laconico, ma a un luogo dove cresce la ginestra. Per concludere l’elenco, le ultime pagine del libro forniscono due brevi ricerche sulla popolazione e sulle attività manifatturiere, e una bibliografia su toponomastica e storia delle comunicazioni in Calabria.

 

Sinteticità al servizio della scienza

La massima di Bartolomeo da San Concordio «Il parlare breve suole fare più desiderio, e il parlare lungo suole fare rincrescimento» esemplifica quella che da numerosi scrittori è stata vista come una scelta utile se non necessaria alla loro produzione letteraria: la brevità. Di questa si serve abilmente l’autore del nostro saggio, un testo esauriente pur conservando un numero di pagine esiguo, corredato da uno stile sobrio e diretto, che riesce al tempo stesso a destare la curiosità del lettore e stuzzicare la sua sete di conoscenza senza però tediarlo. Può colpire che tra i periodi storici menzionati sia quasi completamente taciuto il millennio che va dalla dominazione bizantina al ’700, epoche che nel resto d’Italia e d’Europa furono molto floride e ricche di documentazione di ogni tipo, ma ciò è dovuto, come spiega l’autore stesso, a una scarsità delle fonti in Calabria, e a un perdurare del regime feudale nella zona fino a metà del secolo XIX.

 

Alessandro Randone

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 43, marzo 2011)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Collaboratori di redazione:
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