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Anno V, n. 42, febbraio 2011
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Problemi e riflessioni (a cura di Francesca Rinaldi) . Anno V, n. 42, febbraio 2011

Zoom immagine Scivolano i racconti
verosimilmente reali
incentrati sull’acqua
metafora di rinascita

di Angela Galloro
Da Edizioni libreria Croce la raccolta
di otto racconti dall’amorfa liquidità


Già dalla copertina, il libro di Gianluca Pirozzi si presenta insolito: un acquerello stilizzato raffigurante un individuo per metà uomo e per metà pesce, che legge un giornale su una panchina. Un essere appartenente ad una moderna mitologia, quella dei racconti che catapultano il lettore in un oceano di parole non convenzionale, nelle Storie liquide di Pirozzi (Edizioni libreria Croce, pp. 136, € 14,00) L’effetto straniante è attutito dalle citazioni iniziali e dalla Nota dell’autore, tutte incentrate sull’acqua e sul suo misterioso ruolo. «A ben pensare – dice Pirozzi a proposito di questo alternativo legame – ciò che a me piace dell’acqua è proprio il suo essere liquida e come tale priva di limiti precostituiti».

L’acqua aderisce, riempie gli spazi vuoti e non ha contorni definiti, sembra dirci l’autore, assume così delle caratteristiche libere da vincoli, come le storie di cui stiamo parlando, tutte ambientate in un contesto “liquido”.

 

Surrealismo acquatico

Leggendo gli otto racconti che compongono le Storie liquide sembra di nuotare in un mare sconfinato: a volte si tratta di un annaspare concitato nelle vicende della vita, altre di uno sguardo placido, di un mare calmo e solitario, che ispira serenità. Assistiamo a eventi assurdi, a paradossi e casi improbabili che richiamano un certo surrealismo.

Il lettore accompagna Giacomo, il protagonista di Che fine ha fatto?, alla ricerca del suo membro perduto, attraverso un esplicito senso di castrazione, un’incertezza prematrimoniale che lo riporta alla tranquillità solo giunto a casa di sua madre.

Si racconta una sfida contro l’acqua, la sfida di Pierre in Mare rosso durante un allenamento in piscina. Pirozzi descrive dettagliatamente il male improvviso, accompagnando una vita alla sua fine come in La valigia, dove un ultimo viaggio permetterà ad un’eccentrica e anziana signora di riempire i suoi giorni. Anche qui un’amara ironia percorre tutta la narrazione, grazie ai nipoti che decidono di riportare la donna indietro in quella valigia della quale era così fiera.

Sono racconti in cui un’immensa vitalità sembra sciogliersi in una calma perpetua, serena, un po’ come un fiume che sfocia nel mare, senza clamore.

C’è solo da immedesimarsi, poi, nella voglia di indipendenza del giovane Gabriele in Io parto, l’unico racconto in cui la presenza dell’acqua non è così forte, ma sicuramente sottintesa nella personalità sfuggente del protagonista, che s’infila nei vicoli, sgattaiola via dall’ambulanza, corre all’impazzata in auto, attraversa in modo del tutto fluido le curve, direzione della sua fuga. Egli stesso sembra un torrente che travolge la città, Roma, ben riconoscibile dalla descrizione.

 

Acqua pura e acqua torbida

Stromboli, 26 agosto 2002 narra di un amore sbocciato su una spiaggia delle Eolie. Un amore che sa di libertà tra Gian Maria e Loma, due giovani da tempo in villeggiatura nello stesso luogo ma che solo in quella data scoprono la loro omosessualità. La delicatezza del racconto trova posto, come in tutte queste pagine, nella descrizione dettagliata dei luoghi, realistica a volte, fiabesca altre, nella maggior parte dei casi inserita in un paesaggio marino.

Alla purezza di questo incontro si contrappone la sessualità morbosa di Matteo in Era il numero quattro, un erotismo troppo marcato questa volta scandito dall’acqua di una vasca da bagno.

In questo racconto e in Claire l’acqua assolve al suo compito principale: lava via le scorie, pulisce, purifica, nel caso di Matteo una colpa sua ma non del tutto realizzata, anzi, reiterata per più di tre volte, e nel caso di Sebastiano una colpa non sua, un peccato di sangue infetto, un amore sbagliato.

Qui l’atmosfera si fa davvero cupa, underground, in una soffitta al centro di Roma che vede mescolarsi pittura, musica, amore e sesso. L’ambientazione anche qui non ha vita propria, inizia e finisce con la narrazione. I posti caratterizzano ogni singolo evento, come in Fuori luogo, brevissimo racconto dal triste finale dove i disturbi comportamentali di una bambina finiscono affogati in una vasca all’interno di un parco. Anche qui sono le coincidenze a “sostituire” la perdita, il caso a ricordarla ai protagonisti.

Infine, questo viaggio all’interno delle Storie liquide si conclude con il racconto di un viaggio vero e proprio ai Caraibi, posto esotico e pieno di ricordi, tutto quello che rimane ormai ad un’anziana signora. Un viaggio azzardato, assurdo per la sua età, di sola andata, purtroppo, ma che permetterà alla protagonista di sorridere prima di raggiungere il marito nel luogo sconosciuto per eccellenza.

Qui l’atmosfera si fa esotica, luminosa. Il mare è cristallino, calmo e circondato di colori e persone e la narrazione stessa si conclude con una canzone di Chavela Vargas, Volver.

 

Linguaggio fluido e onirico

Le parole, oltre che scorrere velocemente e rincorrersi l’un l’altra, rimandano al sogno: in molti degli avvenimenti narrati è l’atmosfera onirica che sembra prevalere. Come se da un attimo all’altro il lettore dovesse aspettarsi che il protagonista si svegli e che riprenda la sua vita normale con il solo ricordo di quel sogno. Ma il fatto che coincidenze e paradossi siano narrati come se fossero reali e quotidiani, questo riporta al surreale, al mitico, ad un tempo che si ferma per far passare questi protagonisti. Le storie sono brevi e piacevoli, i contenuti toccanti e a tratti eccessivi, ma affrontati con abilità e delicatezza. Il linguaggio libero e ricco di suggestive metafore richiama, appunto, un movimento che diluisce, che scompone sentimenti e storie. A leggere tali racconti vengono in mente dipinti come Gli orologi sciolti di Dalì e tutto ciò che come la materia fluida e liquida si presta ad accogliere qualunque forma le si propone. Come scrive Paolina Carli nell’Introduzione, «Gianluca Pirozzi descrive con coraggio e rispetto alcune delle tante miserie del mondo e lo fa come soltanto un intellettuale può fare.»

 

Angela Galloro

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 42, febbraio)

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